Amelio non convince il Lido con il suo Intrepido

Gianni Amelio in concorso con L'Intrepido racconta la crisi del lavoro con toni surreali, ma non convince la critica. Protagonista Antonio Albanese.
Intervista ad Antonio Albanese a cura di Emanuele Rauco
Intervista a Gianni Amelio a cura di Emanuele Rauco

Fischi e applausi hanno scandito la proiezione per la stampa de L’intrepido, il nuovo film di Gianni Amelio, secondo italiano in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia. Una reazione insolita per il regista calabrese per un film insolito nel suo percorso, una sorta di commedia drammatica sul lavoro che racconta la vita di Antonio, ingenuo e candido per scelta, che fa il rimpiazzo per chiunque abbia bisogno di essere sostituito sul proprio posto di lavoro: una figura surreale per un film che cambia spesso registro, che passa dall’umorismo da cinema muto all’intimismo dei rapporti familiari e sentimentali.

Un modo curioso e controverso per parlare di lavoro, della sua mancanza e dei lati oscuri della crisi occupazionale, che Antonio Albanese attraversa da mattatore, giocando su diversi registri proprio come il tono del film di Amelio, ora vicino alla delicatezza surreale del cinema muto, con tanto di citazione di Tempi moderni, ora prossimo al pathos trattenuto. Un’operazione scivolosa, dei cui rischi Amelio e Albanese, che hanno collaborato insieme anche alla sceneggiatura e alla regia, sono ben consapevoli, lasciandosi andare all’improvvisazione e agli umori del set e coinvolgendo in questa modalità di lavoro anche i giovani Livia Rossi e Gabriele Rendina, sconosciuti che Amelio spero di lanciare. Un metodo di lavoro cangiante e interessante, ma che non tutti hanno apprezzato.

EMANUELE RAUCO