Walesa, Man of Hope

Quello di Wajda è un ritratto interessante, che alterna le battaglie e l'impegno politico di Walesa all'aspetto più umano ed intimo del leader di Solidarnosc.

Il mondo è in continuo fermento. Movimenti, lotte, battaglie che sulla lunga distanza ci restituiranno un quadro internazionale diverso dall’attuale. Ed a posteriori è normale, quasi sacrosanto, voler indagare su quelle figure attraverso le quali passa il cambiamento, quelli che nel corso dello stesso hanno agito ed operato, che siano responsabili primari di questo o meno. È quello che fa Andrzej Wajda con la figura di Lech Walesa, fondatore del sindacato polacco Solidarność, Solidarietà, trasformatosi da semplice elettricista ed operaio in presidente della Polonia nel giro di vent’anni.

Quello di Wajda, presentato fuori concorso a Venezia 2013, è un ritratto interessante, che alterna le battaglie e l’impegno politico di Walesa all’aspetto più umano ed intimo, ad una famiglia composta da sei figli ed alla forte figura femminile della moglie Danuta, l’unica, secondo lui, che potesse stargli accanto.
Punto di partenza, e filo conduttore, di questo percorso che anima Walesa, Man of Hope è la lunga intervista rilasciata dal leader sindacale ad Oriana Fallaci in vista del futuro premio Nobel per la pace ricevuto nel 1983, che riesce a sottolineare luci ed ombre dell’uomo. Quella dell’intervista è la situazione che si interseca e fa da sfondo al racconto biografico e politico, che invece prende le mosse nel 1970, in occasione di una sanguinosa repressione delle proteste operaie da parte delle autorità.

Walesa, Man of Hope segue l’evoluzione dell’attività politica del leader di Solidarność da quell’evento in poi, facendo diversi balzi in avanti per soffermarsi su momenti chiave di essa, fino ad arrivare appunto al già citato Nobel ed alla Tavola Rotonda del 1989, accennando alla successiva caduta del Muro di Berlino.
Wajda si affida ad un buon cast per dar corpo al suo ritratto, in primis il protagonista Robert Wieckiewicz che tratteggia un quadro complesso del leader politico e la brava Maria Rosaria Omaggio che dà vita su schermo alla Fallaci. Il regista li immerge in una struttura narrativa solida e dal buon ritmo, che racconta senza annoiare pur non approfondendo ogni aspetto che viene messo in scena, un impianto narrativo in grado di rivolgersi anche ad un pubblico più giovane, affinché la figura di Walesa possa essere d’esempio anche alle nuove generazioni.

Antonio Cuomo per Movieplayer.it Leggi