The stone river nel Vermont

Donfrancesco monta l'audio di interviste a lavoratori migranti italiani nelle cave di granito in America ad inizio Novecento, con le immagini dei loro discendenti oggi, creando diversi livelli di lettura di una storia di vita e di morte.
Intervista a Giovanni Donfrancesco a cura di Giovanna Barreca

Mentre in Italia si discute di migrazione verso il nostro Paese, Giovanni Donfrancesco in Prospettive doc Italia al Festival Internazionale del film di Roma, ci permette di ripensare a quella dei nostri avi, andando oltre il film testimonianza. Un volo verso gli Stati Uniti ha portato il regista a raggiungere il Vermont, precisamente Barre, dove dal 1895 scozzesi e italiani (di Carrara) iniziarono a lavorare, chiamati per la loro competenza, nelle cave della zona.

Come racconta l’autore ai nostri microfoni, ciò che lo interessava maggiormente, cercando di amalgamare livelli temporali diversi, era la relazione tra l’uomo e la pietra: “La fragilità della vita umana e la persistenza della pietra che è capace di eternare la nostra vita così fragile”. Il racconto di uomini che, come detto nel doc: “tiravano fuori la vita dal granito”. Uno Spoon river dove l’immagine delle tombe di marmo, avvolte dalla neve bianca rimane quella simbolo di un racconto corale di una generazione decimata dalla silicosi (sconosciuta in Italia dove si lavorava il marmo e non il granito) che emigrò per vivere intensamente la vita. Donfrancesco utilizza tutte immagini girate oggi con i discendenti di quegli operai ma, all’osservazione dei volti e dei luoghi, unisce le voci delle interviste realizzate negli anni ‘30 agli operai di prima generazione.