Young Detective Dee: Rise of the Sea Dragon 3D

Col prequel del primo Detective Dee, Tsui Hark prosegue nella sua opera di contaminazione dei generi, introducendo un ottimo uso del 3D e facendo prevalere il registro favolistico/avventuroso.

Agli inizi del regno dell’Imperatrice Wu, Di Renjie è un aspirante magistrato, da poco giunto nella capitale per prestare i suoi servigi alla sovrana: questa, appena salita sul trono, si trova ad essere costante oggetto di cospirazioni, interne ed esterne. La flotta imperiale, durante un’operazione contro una vicina isola ostile, viene decimata da una misteriosa e letale creatura: Di inizia ad indagare per capire se, dietro l’attacco del presunto mostro marino, si celi la mano lunga dei nemici dell’impero. Ma, durante il sacrificio rituale di una cortigiana, offerta agli dei per placare l’ira del mare, la misteriosa creatura sembra colpire ancora: il tempio viene gravemente danneggiato, e molti dei funzionari imperiali uccisi. Nel frattempo, il giovane detective si trova in competizione con un magistrato più anziano, Yuchi, incaricato dalla regina di risolvere il caso: Yuchi, sospettoso del nuovo arrivato, fa rinchiudere Di…

Tra gli ultimi film di Tsui Hark, cineasta che, dopo oltre trent’anni di carriera, continua instancabilmente a sperimentare e a innovare forme e generi del cinema di Hong Kong, il primo Detective Dee e il mistero della fiamma fantasma è stato quello baciato da maggior successo. Un’opera foriera di una notorietà internazionale tardiva, per un maestro come Tsui: frutto in parte del lancio veneziano del film nel 2010, ma anche della co-produzione cinese, ennesimo esempio della recente, stretta sinergia delle due industrie. Ora, tre anni dopo, il regista decide di dare un prequel, anziché un sequel, alla sua crime story in salsa wuxia: fuori, per ragioni anagrafiche, la star Andy Lau, troviamo un Di interpretato dal più giovane Mark Chao, attore e cantante taiwanese in pieno lancio della sua carriera; ad affiancarlo, la stessa Carina Lau del film originale a vestire i panni dell’imperatrice, e l’altra new entry Feng Shao-feng, nel ruolo dell’alleato/rivale del protagonista Yuchi. Tsui, fedele alla sua natura di sperimentatore, evita di replicare la formula del film precedente: a partire dall’uso della stereoscopia, Young Detective Dee: Rise of the Sea Dragon 3D è un film diverso, che continua a contaminare (gioiosamente) i generi, facendo tuttavia prevalere il mood avventuroso/fiabesco.

Se i tratti del giovane Di, infatti, sembrano essere gli stessi che ce lo fecero conoscere nel 2010 (capacità analitica e predittiva alla Sherlock Holmes, insofferenza a regole e procedure) il contesto che gli si muove attorno presenta più di una differenza con quello del primo film; l’instabilità politica che caratterizzava il setting originale appare ancora più marcata, mentre l’inizio dal carattere “bellico” mostra come la vicenda intenda puntare, stavolta, sulla maestosità della messa in scena piuttosto che sulla componente thriller. L’uso del 3D, che già Tsui aveva sperimentato in The Flying Swords of Dragon Gate, esalta la dimensione favolistica del film: fin dal primo attacco della creatura, la regia, sempre dinamica e tesa a imprigionare l’occhio dello spettatore, si arricchisce di una stereoscopia che ne accentua la fisicità, oltre a favorirne il carattere “immersivo”. Tsui non ha problemi ad utilizzare tutti i vecchi artifici del 3D (d’altronde, secondo le sue stesse parole, il suo amore per questa tecnologia risale a molto prima della generazione-Avatar); tuttavia, agli oggetti scagliati contro lo spettatore, si accompagna un costante lavoro sui volumi, sulla verticalità di molte scene, e sulla profondità di campo; scelte che parlano di un cineasta che, ancora una volta, fa un uso ben consapevole dei mezzi che ha a disposizione. Non è un caso, tra l’altro, che rispetto a molti film precedenti del regista (e anche al primo Detective Dee) la regia risulti molto più “leggibile”, e meno frastornante nel montaggio e nell’alternanza dei piani: segno di un’attenzione alla fruizione, e alla sua qualità, che tiene conto del nuovo elemento introdotto dalla terza dimensione.

Per il resto, Young Detective Dee parla, ancora una volta, di un cineasta in gran forma. I capitali cinesi non nuocciono alla libertà creativa di un regista che continua disinvoltamente a fare ricerca attraverso il cinema di genere, ad adattare la sua idea di messa in scena immaginifica, e di contaminazione dei registri narrativi, alle diverse condizioni produttive in cui si trova a lavorare. Se è vero che, come si diceva in apertura, in questo caso a prevalere è la componente fantasy e favolistica del racconto, che a sua volta combina le antiche leggende cinesi con almeno un secolo di racconti avventurosi occidentali (cinematografici e non) è anche vero che non mancano, tra gli snodi della vicenda, parentesi grottesche, oltre all’immancabile componente melò; con un amore talmente impossibile (quello tra una cortigiana e un servitore ridotto a essere mostruoso) da risultare verosimile. La stessa componente politica (sempre presente nel cinema del regista, mutuata dal suo maestro King Hu) è resa in modo attento e credibile, risultando forse ancora più efficace, e significativa ai fini dell’evoluzione del racconto, rispetto a quanto accadeva nel primo film. Per un regista di oltre 60 anni, con più di un trentennio di carriera alle spalle, per di più costellata di film memorabili, non pensiamo si possa volere di meglio. E l’attesa per il terzo episodio, per il quale il regista ha già promesso un’idea di scriptwriting ancora più innovativa, è già cominciata.

Marco Minniti per Movieplayer.it Leggi