Walt Disney e l’Italia

Il documentario del giornalista Marco Spagnoli racconta i rapporti duraturi e profondi tra Walt Disney e il nostro paese, con il recupero di preziosi materiali di repertorio e interviste a volte un po' forzate a registi e attori italiani.

Il mondo poetico creato da Walt Disney ha avuto un profonda e diffusa influenza in Italia, a partire dagli anni Trenta, e ha fatto sì che, in particolare nel campo dei fumetti, vi fosse un contributo enorme da parte dei nostri disegnatori che hanno inventato personaggi (come Paperinik, ad esempio) e storie tradotte in molti paesi, compresi gli stessi Stati Uniti. Parte da questo spunto il nuovo documentario di Marco Spagnoli, giornalista cinematografico già autore in passato di lavori come Hollywood sul Tevere e Giovanna Cau – Diversamente giovane. Il film, intitolato programmaticamente Walt Disney e l’Italia, si compone di materiali di repertorio a volte molto belli e interviste che invece sembrano essere troppo limitate all’intento di raccontare quanta passione abbiano registi e attori italiani contemporanei verso il pianeta Disney.

Le interviste ai fan
Sono ventitrè le persone intervistate da Marco Spagnoli e, tra queste, vi sono: Marco Giallini, Enrico Brignano, Fabio De Luigi, Micaela Ramazzotti e Riccardo Scamarcio. Lo scopo di Walt Disney e l’Italia, come ha raccontato lo stesso Spagnoli nel corso dell’incontro con la stampa, è soprattutto quello di raccontare quanto sia profonda la passione in Italia per il mondo Disney, una scelta che non ci sentiamo di condannare, ma che così come è stata orchestrata appare soprattutto una sfilata di star nostrane, una sorta di red carpet, con la volontà – e anche un po’ il narcisismo – di testimoniare il loro legame verso Topolino & company senza poter e voler portare più a fondo il discorso. Una passione in fin dei conti privata e inerte, come una sorta di collage di interviste raccolte alla fine di una proiezione, che solo a tratti si arricchisce di qualche spunto interessante. Più sensato invece appare, ad esempio, il contributo di Vincenzo Mollica, la cui storia disneyana è senz’altro più duratura, visto che a suo tempo è stato omaggiato dai fumettisti italiani con il personaggio dell’intervistatore Vincenzo Paperica e che nel lontano 1987 ha avuto la fortuna di poter interrogare Federico Fellini a proposito del suo rapporto e della sua amicizia con il papà di Topolino (materiale che, giustamente, Spagnoli ha inserito all’interno del film).

I materiali di repertorio
Molto più interessante infatti è apparso il recupero di preziosi materiali di repertorio, dal primo storico viaggio in Italia di Disney nel 1935 all’intervista che gli venne fatta nel 1961 allo zoo di Torino e in cui il vecchio Walt giocava e dava da mangiare agli animali. Un’intervista a suo modo rivelatrice perché pensata e girata con gusto scenico, intorno a una situazione e a un luogo preciso – così come la RAI faceva un tempo – e che sarebbe dovuta servire da esempio allo stesso Spagnoli, spingendolo magari a inventare delle situazioni ad hoc per le interviste fatte ai contemporanei. Molto stimolante, d’altronde, anche il recupero di alcuni fantastici reperti storici, come ad esempio quello in cui Umberto Eco e Gianni Rodari si confrontano e teorizzano intorno all’universo Disney, un qualcosa che per l’appunto manca inevitabilmente nei contributi contemporanei, ad eccezione di alcuni spunti di Fausto Brizzi e di Giacomo Scarpelli, figlio dello sceneggiatore Furio.

Disney e l’Italia, un rapporto irrisolto
Scarpelli ipotizza per l’appunto che la profonda influenza di Disney in Italia sia dovuta ad una sorta di infantilismo del nostro paese. E non è un caso allora che il radicamento di Disney risalga agli anni Trenta, agli anni del fascismo dunque, quando l’Italia era rinchiusa in un esacerbante provincialismo. Questi aspetti, sia pur accennati nel documentario di Spagnoli, vengono poi lasciati cadere, per una sorta di elogio incondizionato della figura di Walt Disney, anche quando veniva accolto a braccia aperte dagli operai torinesi della FIAT (dimenticando forse i problemi sindacali che Walt aveva avuto con i dipendenti dei suoi studios). Insomma, non era certo il caso e l’occasione per mettere in questione aspetti poco noti della carriera dell’inventore di Topolino, ma Walt Disney e l’Italia sembra spesso voler appiattire il discorso solo su una italiana video-lettera d’amore verso questo gigante dell’animazione e della cultura novecentesca, dimenticando talvolta persino di essere sanamente divulgativo, come per l’appunto sapeva esserlo la RAI di un tempo.

Alessandro Aniballi per Movieplayer.it Leggi