Romafilmfest: Triage

16/10/09 - Comincia bene la quarta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma...

tanovic

Home sweet home

(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)

16/10/09 – Comincia bene la quarta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma con Triage del regista bosniaco Danis Tanovic, vincitore con No Man’s Land del premio Oscar come miglior film straniero nell’ormai lontano 2002. Il film, in Concorso, ha come protagonista Colin Farrell, che interpreta un intemerato reporter di guerra, disposto quasi a tutto pur di riuscire a trovare lo scatto giusto. Non la pensa così il più prudente amico-collega che lo segue in un Kurdistan belligerante, in cerca dell’indipendenza dall’Iraq. Lì si fronteggeranno le diverse posizioni dei due amici, fino a mettere in dubbio la solidità del loro rapporto…

triage“Triage” dunque affronta dei temi non nuovi come la “colpevolezza congenita” del mestiere del reporter in contesti bellici, l’attrazione-repulsione verso l’orrore e, in generale, il gigantesco senso di colpa che dovrebbe avere (e non ha, almeno non abbastanza) l’Occidente, il cui inveterato imperialismo ancora oggi è la causa, più o meno indiretta, delle varie guerre sparse per il mondo (uno dei personaggi infatti dice che se c’è un qualche conflitto da qualche parte è perché devono essere passati gli inglesi o i francesi, e magari, aggiungiamo noi, pur nel loro piccolo, gli italiani…). Il terzo lungometraggio di Tanovic, che è anche autore dello script, comunque riesce ad essere convincente nel dispiegare questi temi, perché sa ben incarnarli nella storia di un uomo (il personaggio interpretato da Colin Farrell per l’appunto) e del suo senso di colpa nei confronti dell’amico di una vita. E sa costruire intorno a lui una galleria di personaggi azzeccati, a partire dal medico curdo costretto dalle circostanze a uccidere i suoi malati più gravi e portatore di una tragica e rassegnata consapevolezza sul destino dell’essere umano. Convince meno in effetti il ruolo assegnato a Christopher Lee che, pur bravissimo come sempre, deve maneggiare il personaggio di uno spagnolo dall’oscuro passato franchista (passato cui trova una contraddittoria giustificazione nella sequenza forse peggiore del film), sorta di super-Freud onnisciente capace di guarire ogni rimosso. E un personaggio siffatto è certamente figlio di un eccesso di volontà didascalica da parte dell’autore, didascalismo che a tratti emerge con troppa evidenza, così come si riscontra in qualche passo un gusto simbolico vagamente grossolano (i coriandoli che volano per aria vanno anche bene, ma i bigliettini vita-morte che assegna il dottore curdo sono decisamente fuori luogo quando riappaiono nel finale).

Tutto ciò però non inficia una buona sceneggiatura e una regia in grado di mostrare lampi di visionarietà, grazie anche a un’affascinante alternanza di set tra la grigia e quieta casa-Dublino e il solare e sanguinolento Kurdistan. Forse allora non è sbagliato tenere già in considerazione Triage per un possibile premio finale.