Praia do Futuro

Tra sensi di colpa mai sopiti e slanci passionali, il lavoro di Aïnouz si focalizza essenzialmente, e in maniera asfissiante, sui tormenti del protagonista, senza avere la capacità di inquadrarlo nel rapporto con gli altri.

In Brasile, per la precisione a Fortaleza, c’è un’immensa spiaggia chiamata Praia do Futuro; in questa località bagnata da un oceano quasi sempre tempestoso, lavora Donato, un lifeguard così bravo nel suo mestiere, da essere soprannominato Aquaman dal fratellino, Ayrton. Donato, però, non possiede alcun potere e malgrado tutti i suoi sforzi, deve fare spesso i conti con degli incidenti dall’esito imprevedibile. Come quello che ha coinvolto il turista tedesco Konrad ed un suo amico ed ex commilitone. Quando l’uomo scompare in mare, Donato non può fare altro che prendere atto della cosa, cercando di consolare Konrad. Tra i due divampa subito una passione forte e totalizzante, così trascinante da spingere Donato ad abbandonare la propria patria per trasferirsi a Berlino con l’uomo amato. Una scelta, questa, che lo pone quasi subito davanti alle proprie responsabilità. Anni dopo, Ayrton, ormai adolescente si presenta in Germania dal fratello per rinfacciargli tutte le sue mancanze e scaricare su di lui la rabbia accumulata negli anni.

Poco di nuovo sotto il sole
Karim Aïnouz, regista e artista brasiliano-algerino, porta alla 64.ma edizione del Festival di Berlino, Praia do Futuro, dramma a tinte forti che non sempre riesce sviscerare in maniera esaustiva il tema della ricerca dell’identità da parte di un giovane uomo esaltato e al tempo stesso schiacciato dal desiderio feroce che prova nei confronti del compagno, un sentimento che lo sradica dalla sua vecchia vita e lo allontana dagli affetti familiari. Tra sensi di colpa mai sopiti e slanci passionali, il lavoro di Aïnouz si focalizza essenzialmente, e in maniera asfissiante, sui tormenti del protagonista (Wagner Moura, già vittorioso a Berlino con Tropa de Elite – Gli squadroni della morte di Josè Padilha), senza avere la capacità di inquadrarlo nel rapporto con gli altri. Donato è un uomo scosso e alla deriva, incapace di sostenere le scelte che ha compito, estraneo al contesto che lo circonda. In questo modo la pellicola si appiattisce.

Heroes?
Malgrado la presenza di scene di sesso piuttosto esplicite, Praia do Futuro non è un film sull’omosessualità, quanto sulla scoperta di sé stessi, sulla volontà, o meno, di saper compiere delle separazioni per riuscire a vivere in pace e senza rimorsi. Le separazioni suggeriscono un tempo narrativo che quasi mai viene gestito bene dal regista che, attraverso la suddivisione in tre capitoli, L’abbraccio dell’affogato, Un eroe diviso a metà e Un fantasma che parla tedesco, dimostra di non aver ben chiara la tenuta completa della storia. Ci sono snodi che vengono risolti con una velocità non appropriata e a questi ‘picchi’, come l’istantaneo colpo di fulmine tra i due protagonisti, segue uno sviluppo invece rallentato.

Fantasmi
Tutti gli elementi sostanziali, insomma, sembrano messi tra parentesi in favore di una lunghissima e poco emozionante seduta di autocoscienza, che però poco ci dice della vera realtà del protagonista. Perché egli abbia deciso di lasciarsi tutto alle spalle, senza un minimo di ripensamento e senza considerare le conseguenze delle sue scelte, non ci viene affatto spiegato ed è una mancanza non da poco in un film che invece avrebbe voluto mettere sotto la lente d’ingrandimento il suo protagonista. I ritmi del racconto, dunque, sono la parte più zoppicante della pellicola che risale e trova il guizzo giusto solo alla fine, quando entra in scena il fratello di Donato, Ayrton, che con la sua rabbia giovanile, scuote la pellicola dal torpore in cui ci aveva gettato coi suoi languori estetizzanti.

Francesca Fiorentino per Movieplayer.it Leggi