Sguardi sonori

04/11/09 - Ang Lee è un regista il cui occhio è naturalmente portato a guardarsi dietro, a ricostruire...

Sguardi sonori – Motel Woodstock
I suoni di un’epoca dietro le quinte

(Rubrica a cura di Emanuele Rauco)

sguardi-sonori-interno.jpg04/11/09 – Ang Lee è un regista il cui occhio è naturalmente portato a guardarsi dietro, a ricostruire momenti della storia sociale o politica in cui qualcosa è cambiato anche per noi che viviamo nel presente: così nel suo ultimo film racconta il momento fondamentale in cui la musica è diventata, in modo concreto e senza alcun vincolo di tipo sociale o morale, fenomeno di massa, e cioè Woodstock; e visto che la musica è al centro, diventa fondamentale il ruolo che Lee affida a Danny Elfman. Che non solo compone la partitura originale del film ma soprattutto, da ex membro di un gruppo pop- rock come Oingo Boingo, conosce la musica di quegli anni e la seleziona accuratamente: e infatti, la colonna sonora ricalca alla perfezione lo spirito del film, quello cioè di non raccontare l’epopea mitica del concerto, ma bensì quella forse ancor più epica della sua preparazione, non mostrando mai i cantanti, i complessi, il palco. E così Elfman resta ai margini della produzione musicale di quegli anni, “dà le spalle” a molti dei colossi presenti a Woodstock e scova piccole perle dimenticate dal tempo.

O meglio canzoni che i grandi protagonisti dell’epoca usarono come b-side, come brani di ripiego della loro produzione: per esempio c’è uno dei migliori complessi vocali dell’epoca, i Crosby Stills Nash & Young con l’insinuante Wooden Ships oppure gli psichedelici Grateful Dead con la ritmica China Cat Sunflower, fino a giungere ad artisti che, oltre al rock dei ’70, hanno segnato lo stesso concerto come Janis Joplin con la sensuale Try (Just a Little Bit Harder), The Band con la splendida I Shall Be Released e i Blind Faith, con l’unica canzone che può fare da vera copertina alla raccolta e al film, Can’t Find My Way Home. Una compilation perfetta, emozionante, adatta a chi non vuole facili inni o richiami commerciali, ma canzoni che ci trasportano direttamente alle radici di un evento; e con esso di un mondo forse scomparso.