Torino, Festa mobile

19/11/09 - Due dei film più attesi della sezione Festa mobile hanno senz’altro mantenuto...

Non deludono i film fuori concorso al Torino Film Festival “Fantastic Mr. Fox” e “Kinatay”

(Dal nostro inviato Alessandro Aniballi)

19/11/09 – Due dei film più attesi della sezione Festa mobile hanno senz’altro mantenuto le promesse: “Fantastic Mr. Fox” di Wes Anderson e “Kinatay” di Brillante Mendoza.

Anderson è un regista che deve molto del suo seguito all’inventiva della messa in scena e delle situazioni, all’ironia volutamente infantile e ai suoi personaggi semplici e complessi insieme, innocenti in superficie ma allo stesso tempo colpevoli di piccole e grandi crudeltà; il tutto teso a dispiegare un microcosmo che sempre coincide con una famiglia allargata e disgregata, in cui convivono al medesimo grado odi e amori. Quel che invece ci appare debole in quasi tutti i suoi film è quell’impressione di piattezza cui alla fine cede la narrazione, imprigionata in mille piccoli episodi secondari. Stavolta, con il suo primo lavoro d’animazione, il regista americano ha senza dubbio a disposizione una gamma potenzialmente infinita di variazioni a tema libero e la sua fantasia eccentrica non può che trarne giovamento. Ne emerge un ritratto appassionato dell’America che fu, l’America di Mark Twain, giocosa e brutale, primigenia e arcaica, in cui il vivere è, per questioni di necessità ma anche per sprezzo del pericolo, avventura e carambola, nomadismo e wilderness.

kinatay“Kinatay” del filippino Brillante Mendoza è al contrario una feroce discesa agli inferi: per un debito relativo alla droga una donna viene sequestrata, violentata, uccisa e smembrata da dei poliziotti. Come “Lola”, visto alla scorsa edizione della Mostra di Venezia, “Kinatay” è girato nello stesso modo meraviglioso e avvolgente: macchina a mano immersa nelle situazioni, limitazione dello sguardo rispetto al centro dell’azione, realismo disturbante. Ma se “Lola” era una evenemenziale presa in diretta della vita di due famiglie (e soprattutto di due nonne) contrapposte da un processo, questo film è l’atroce visione di un mondo maschilista che usa e distrugge le donne come e quando vuole. In tal senso il lavoro sulla fotografia è essenziale: se nella prima parte prevalgono le sequenze diurne, in seguito al momento della svolta narrativa ci ritroviamo in un nightclub dove due ragazze illuminate dagli spot intrattengono il pubblico composto di soli maschi, nascosti nel buio. Così quando la protagonista viene sequestrata e trascinata in auto, viene allo stesso tempo portata nell’oscurità del mondo maschile ed è del tutto consequenziale che la lunga sequenza in auto, dove la ragazza viene già picchiata selvaggiamente, sia pressoché al buio. Mendoza dimostra nuovamente di avere un’altissima consapevolezza della macchina-cinema, ma con questo suo film conferma anche di poter rientrare di diritto nella famiglia del grande cinema filippino “di denuncia” e “di metafora politica”. In “Kinatay” in particolare, data la cornice di due servizi televisivi, emerge l’impressione che ciò che vi si racconti sia frutto di episodi legati alla cronaca nera.