Fedorcenko, Marc’Aurelio e film straordinario

Il regista russo Aleksej Fedorcenko, al Festival di Roma per ricevere il Marc'aurelio del futuro, presenta Angeli della rivoluzione: uno dei film più apprezzati e amati della kermesse.
Intervista a Aleksej Fedorcenko a cura di Giovanna Barreca

Una delle domande più ricorrenti nei corridoi dell’Auditorium è perchè certi film, soprattutto italiani, privi di uno sguardo o di una storia siano stati inseriti nel concorso principale e altre opere davvero di grande prestigio siano inserite in altre sezioni. Angeli della rivoluzione di Aleksej Fedorcenko, presentato in Cinema d’oggi al Festival Internazionale del film di Roma, porta lo spettatore a vivere in un’atmosfera di puro incanto all’interno di un’epoca semi-sconosciuta della storia della Russia: il 1934 nel nord del Paese tra le comunità indigene che mal sopportavano l’annessione del loro territorio alla Grande madre Russia di Stalin. L’autore crea un’articolazione drammaturgica sempre in bilico tra ironia, leggerezza e dramma. Cinque artisti d’avanguardia, capitanati da una ragazza molto determinata, arrivano per fare da agit-prop tra i nativi e usano il teatro, la farsa scenica, per abbattere miti arcaici. Il centro culturale di Kazym nella taiga sulle sponde del fiume Amnja, un affluente del Kazym, diventa il set per i tableau vivant del regista; per un film dall’architettura scenica e narrativa originale e piena di fascino.
Inoltre Fedorcenko è stato invitato dal direttore Marco Muller per ricevere il Marc’Aurelio del futuro. Il direttore gli riconosce: “La capacità di inventare prospettive sempre innovative”. Opere arrivare in Italia e apprezzate come Silent Souls (premio della Critica Internazionale a Venezia nel 2010) o First on the Moon, il mockumentary premiato nel 2005 sempre a Venezia come miglior documentario nella sezione Orizzonti, sono la dimostrazione di come l’autore russo, classe 1966, sia in grado di lavorare su linguaggi diversi ad opere sempre capaci anche di decostruire la narrazione tradizionale.

Durante la nostra intervista ci racconta come il testo letterario di partenza per quest’ultima straordinaria opera sia stato utilizzato, il suo rapporto con il documentario e le altre forme cinematografiche che predilige, il significato che attribuisce al riconoscimento ricevuto qui a Roma e, in fine, come tecnicamente ha realizzato alcuen delle immagini più suggestive: il cinema proiettato in cielo.

giovanna barreca