Addio a Giulio Questi, partigiano e regista cult

"A Torino sei stato una fonte di continue scoperte, con il tuo senso dell’umorismo e l’abitudine (magnifica) di giocare'al ribasso" con le parole di Emanuele Martini, direttore del Torino Film festival, salutiamo il partigiano, scrittore e regista novantenne morto oggi.

Solo la settimana scorsa veniva festeggiato al Torino Film Festival con una retrospettiva completa dei suoi lungometraggi, cortometraggi e con la presentazione del romanzo autobiografico “Se non ricordo male” (Rubbettino-Cineteca Nazionale) a cura di Domenico Monetti e Luca Pallanch. Oggi invece siamo costretti ad annunciare la morte, avvenuta nella notte a novant’anni compiuti, di Giulio Questi. Giovane partigiano, subito dopo la guerra narrò su pagina scritta la sua esperienza e, solo dopo una piccola parentesi come attore per Fellini ne La dolce vita, si dedicò alla regia con film che spesso trovarono grosse difficoltà ad essere distribuiti e a passare i rigidi blocchi della censura, nonostante avessere nel cast i grandi attori del momento come Gina Lollobrigida, Jean-Louis Trintignant e altri. I suoi film hanno sempre lavorato sulle commistioni di genere: il western Se sei vivo spara (Django Kill nella versione uscita all’estero, 1967) con Tomas Milian è frutto anch’esso dell’esperienza partigiana nel racconto della violenza assurda che affligge i protagonisti. Segue il thriller visionario e l’analisi della società dei comsumi degli anni ’60: La morte ha fatto l’uovo con Gina Lollobrigida, Ewa Aulin e Jean-Louis Trintignant. L’ulitmo lungomettaggio risale al 1972: Arcana con Lucia Bosé che lo stesso Questi definì “Un tentativo di sondare l’intrusione, l’irruzione direi, del metafisico e del paranormale nel mondo di ogni giorno, una forza che trabocca e che inizia con lo stravolgere la vita dei due protagonisti per poi rompere anche all’esterno, fino a provocare i disordini di piazza su cui si chiude la storia”. Negli anni successivi si dedicò alla televisione realizzando L’uomo della sabbia (1975), Vampirismus (1982) e Il segno del comando (1989), remake dell’omonimo sceneggiato del 1971.
Dal 2000 al 2007 realizza 7 cortometraggi dove l’autore vuole mettere in evidenza esclusivamente “il rapporto con quello che vedo e illumino”. Nascono: Doctor Schizo e Mister Phrenic, Lettera da Salamanca, Tatatatango, Mysterium Noctis, Repressione in citt, Vacanze con Alice, Visitors.
Emanuela Martini, direttore della kermesse torinese, in una lettera d’addio indirizzata direttamente a Giulio scrive: “Nei giorni della settimana che hai trascorso a Torino sei stato una fonte di continue scoperte, per il pubblico e tutti noi che ti ascoltavamo, con il tuo senso dell’umorismo e l’abitudine (magnifica) di giocare “al ribasso”, di inserire sprazzi illuminanti di teorie di cinema e di moralità all’interno di racconti e aneddoti, senza prenderti troppo sul serio ma anche senza sminuire mai il tuo lavoro, di scrittore, cineasta, narratore. Dovunque tu sia adesso, spero ti stia divertendo a riprendere vecchi compagni e irriducibili nemici con la tua camerina digitale. Un grande abbraccio, Giulio!”.

giovanna barreca