In Festa mobile Zanasi sulla difficoltà del cambiamento

"La felicità è un sistema complesso" ha come protagonista un novello Che Guevara della new economy che elimina giovani irrisolti che al massimo possono giocare alla play, senza però fare i conti con se stesso. Le nostre interviste a Valerio Mastandrea, Hadas Yaron e al regista. In sala dal 26 novembre.
Intervista a Valerio Mastandrea a cura di Giovanna Barreca
Intervista a Gianni Zanasi a cura di Giovanna Barreca
Intervista ad Hadas Yaron a cura di Giovanna Barreca

felicit01Combattere la new economy distruggendo i manager incapaci. Un mestiere che non esiste ma del quale, forse, si sente davvero il bisogno. Ma il lavoro di Enrico Giusti (Valerio Mastandrea), protagonista de La felicità è un sistema complesso è solo il pretesto per il regista Gianni Zanasi per affrontre il tema di un’etica del lavoro che oggi manca, di un’idea di comunità che si è persa dietro i piccoli egoismi. E di realtà capovolte e punti di vista diversi dove emergono soprattutto i conflitti padri-figli.
Distruggere manager per salvare aziende riesce a un uomo che ha visto il genitore mandare a picco la sua e fuggire. Il suo compito è ottenere la fiducia degli altri ascoltandoli (dote mancante nella frenesia dei nostri tempi e quindi diventata rara per molti) e poi portare tali soggetti che fondamentalmente disprezza (“Sono uomini irrisolti che al massimo possono organizzare un torneo alla play”) a lasciare. Il meccanismo del perfetto soldatino convinto di fare un lavoro “utile e necessario” si inceppa quando Enrico “inizia a sudare” (riprendendo una battuta del film dove confessa al fratello di non emozionarsi -sudare- e quindi sentirsi davvero vivo da vent’anni), cioè quando nella sua vita entra per la prima volta un elemento estraneo al lavoro, la fidanzata mollata dal fratello minore (Hadas Yaron, coppa Volpi nel 2012 per La sposa promessa di Rama Burshtein) e quando incontra due ragazzi che si ritrovano ad ereditare un’azienda ma che a quel patrimonio di famiglia, fatto anche di uomini e donne che sono impiegati nei loro stabilimenti, che fanno parte della loro comunità, a loro interessa.
C’è questa storia e parallelamente quella del capo di Enrico, bamboccione irrisolto interpretato da un Giuseppe Battiston, sempre in profondo stato di grazia, che la vita decide di non affrontarla trovando la più semplice e stupida maniera per non farlo.
Riprendendo le parole di Valerio Mastandrea, anche presidente della giuria del TFF, sull’importanza dei film di emozionare e lasciare allo spettatore la possibilità di pensare a qualcosa, sicuramente La felicità è un sistema complesso lancia molti interrogativi. Il problema è la messa in scena, è l’aver dilatato in maniera eccessiva la parte centrale del film e non curato il finale.
Nell’intervista c’è spazio per ascoltare dai protagonisti molto sui loro personaggi e sul modo di lavorare sul set.
Il film partecipa anche al premio Cipputi al Torino film festival e arriverà in sala da giovedì 26 novembre.

giovanna barreca