Flussi seriali

01/07/10 - "Hung" è la serie tv creata da Dmitry Lipkin, che sviluppa uno spaccato non banale sull’ultima crisi...

Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane

Hung
 
(Rubrica a cura di Erminio Fischetti)

flussi-seriali01/07/10 – Cosa fareste se foste Ray Drecker, un’ex stella del basket costretta a insegnare storia e fare da coach sportivo in un liceo di Detroit, in bolletta, con due figli da mantenere, una ex-moglie che un tempo era una reginetta di bellezza, una casa da riparare perché incendiatasi in seguito a un corto circuito e viveste in una tenda? È chiaro, vi iscrivereste a uno di quei seminari intitolati “Unleash Your Inner Entrepreneur” (“Dai sfogo all’imprenditore che c’è in te”) e capireste di dover sfruttare l’unica dote che avete. È se questa fosse un grosso pene e la capacità di saperlo usare al meglio? Beh, lo mettereste, come dire, in vendita, vi proporreste come escort per donne ricche, sole, annoiate e desiderose dei vostri abbondanti attributi e con l’aiuto di un’improbabile pappona che fa la precaria, ma sogna di diventare una poetessa riconosciuta e premiata, vi procaccereste la clientela. Da questo presupposto nasce la serie tv creata da Dmitry Lipkin, che dopo il flop e la prematura cancellazione del drama The Riches della FX con Minnie Driver ed Eddie Izzard, insieme a Colette Burson sviluppa uno spaccato non banale sull’ultima crisi economica americana e l’ambienta nuovamente nella provincia.

Realizzato in puro stile indie, Hung, che letteralmente significa “superdotato”, analizza una società costretta a fare tagli all’istruzione, a licenziare continuamente impiegati, dipendenti, e mostra ricche case ormai vuote e desolate, sempre più prive di quella ricchezza e quell’abbondanza, per citare Wim Wenders, che non solo ha lasciato miseria esteriore, ma anche un grande cinismo e un vuoto dell’individuo e che ha hungdefinitivamente detto addio ai propri valori e ad un’etica che non si sa bene più cosa sia. È un ritratto privo di speranza, fatto di una malinconia stemperata, che ammicca per tutta la serie al cinema di Alexander Payne (anche produttore esecutivo di cinque dei dieci episodi della prima stagione), non solo nell’episodio pilota da lui diretto perfettamente in quel suo taglio narrativo che lo caratterizza, ma anche in tutta la serie tv. La provincia americana dei quartieri suburbani viene ancora una volta dipinta con toni rarefatti e sopra le righe, dove a dominare è una sorta di umorismo cinico con qualche spruzzatina di nonsense, ma contemporaneamente sagace e auto-indulgente, arricchito da personaggi sfigati, nerd ed eccentrici. Un prodotto televisivo altamente qualitativo che trova nella corte della HBO un ottimo veicolo di distribuzione e sdoganamento. Un altro fenomeno di costume seriale e analisi sociale contemporanea portato aventi dalla tv via cavo più apprezzata di sempre, ma al tempo stesso di nicchia e indipendente, con un buon cast, in particolare l’ottima “sfigata” poetessa-pappona Tanya di Jane Adams. Ironico e sagace, Hung ha ricevuto due nomination ai Golden Globe, una per Thomas Jane, attore protagonista in una serie comica, l’altra per la Adams, non protagonista. Per alcune situazioni già visto, ma in ogni caso da non perdere!

“Hung- Ragazzo squillo”
Titolo originale: “Hung”.;
Creatori: Dmitry Lipkin e Colette Burson;
Interpreti: Thomas Jane, Jane Adams, Anne Heche, Charlie Saxton, Sianoa Smit-McPhee, Eddie Jemison ;
Produzione: USA, 2009- in corso;
Durata: 44’ episodio pilota e 30’ circa gli altri nove della prima stagione;
Distribuzione originale: dal 28 giugno 2009 su HBO la prima stagione, mentre dal 27 giugno 2010 sempre su HBO la seconda;
Distribuzione italiana: dal 12 novembre 2009 su Sky Uno.