Cinque tequila

Messico, quattro amici ottuagenari e uno di loro che si appresta a lasciare per sempre questo mondo a causa di un cancro. L’ultimo desiderio dell’amico morente vorrebbe che il tovagliolo su cui, anni prima, un celebre cantante di musica ranchera gli aveva scritto una dedica, fosse consegnato a un museo dedicato all’artista, situato in una città lontana. Così, i tre superstiti, nonostante gli acciacchi e i problemi familiari – chi è perseguitato dal fantasma petulante della moglie morta, chi rischia l’ospizio e chi, infine, intrattiene una relazione ormai platonica con la vicina di casa – si mettono in viaggio per esaudire l’ultimo volere dell’amico defunto.

Senile commedia on the road, malinconica al punto giusto senza scadere in pietismi né, miracolo!, in siparietti al viagra sebbene tra le sequenze ci sia l’immancabile sosta in un bordello, questo Cinque tequila (in originale En el último trago), diretto con gusto da Jack Zagha Kababie, ha il pregio innegabile di adagiarsi su di una comicità garbata, mai urlata o intenta a cercare facili sponde, offrendo in cambio uno sguardo sentito sui temi, per quanto triti, della solitudine e del valore giusto da attribuire alle esperienze della vita. Affiatato il cast dei tre viaggiatori per caso, tutti molto ben caratterizzati, e una panoramica scevra dal folklore a buon mercato attraverso il quale, e grazie a tanto cinema statunitense, guardiamo sovente la nazione messicana.

Gianfrancesco Iacono per cinematografo.it