Il futuro liquido di Pedro Meyer

Ha ormai 80 anni Pedro Meyer (classe 1935, Madrid, Spagna), rifugiato in México coi genitori per l’esilio repubblicano dovuto tra il 1939 e il 1942 al dittatore Franco, e qui cresciuto e naturalizzato. È considerato uno dei pionieri della fotografia messicana e riconosciuto internazionalmente come uno dei suoi più importanti esponenti contemporanei (http://www.pedromeyer.com). Ed è un visionario.

È stato il primo al mondo a realizzare nel 1991 un CD-ROM con suono e immagini continui: “Fotografio para recordar”. “Il primo Storytelling al mondo”, ammette in un lungo incontro che dalle sale al piano terra del Foto Museo Cuatro Caminos (http://fotomuseo.mx), nel quartiere operaio omonimo di Città del Messico, ci porta a visitare con lui, guida d’eccezione, i piani e locali di questa ex fabbrica, immaginando mentre lo descrive il futuro di quei spazi.

Oltre che fotografo, è maestro, curatore di mostre, editore, fondatore e direttore del riconosciuto sito web ZoneZero (https://zonezero.com/es/), che dal 1995 ospita il lavoro di più di mille fotografi di tutto il mondo, con 500.000 visite al mese: uno dei portali di fotografia più consultati al mondo.

Ha creato nel 2007 la Fundación Pedro Meyer (http://fpmeyer.com/es/), perché “la burocrazia culturale del paese, per il fatto stesso di essere una burocrazia, non può che intendere e attendere alle nuove tecnologie e ai nuovi linguaggi, in cui è immersa la società contemporanea, a parole più che nei fatti. Così ho pensato di creare qualcosa che permettesse dentro la cultura di realizzare un’unione della parte più dinamica della società, quella civile, e invitare a partecipare il governo sotto la nostra direzione e guida”.

Lo incontriamo in occasione delle mostre (entrambe fino al 18 di settembre): POSE, fotografia di moda con nomi celebri del panorama messicano, e ormai internazionale, come i fotografi Ivan Aguirre, Tony Solis, che stanno intraprendendo i primi passi di avvicinamento al cinema, protagoniste modelle con futuro da grande schermo come Andrea Carrazco, Daniella Valdez, Luba Ramirez; e VAPOR, Accidente Colectivo, su di una società liquida.

“Sono nella fotografia da quando ho 11 anni – continua Pedro Meyer -, e sono stato sempre coinvolto in tutte le sue attività. Certo, la fotografia è cambiata dall’era analogica, e quando si parla di cinema oggi, quest’ultimo e la fotografia sono un continuo, sono l’uno all’interno dell’altro, come lo sono del resto pittura, video, murales, foto: attualmente la separazione in differenti categorie non ha più senso. E tutto questo è maggiormente interessante, perché la realtà virtuale, che sta sempre più diventando una certezza, comporterà importanti cambi strategici dell’immagine: tutte le categorie qui nominate non possono essere coinvolte e messe da parte, in corsie isolate. Le nuove tecnologie sono direttamente connesse all’educazione, e allo stesso tempo con la velocità del cambiamento, di come l’educazione cambi a una velocità e in una modalità che sono ora davvero tutta un’altra cosa”.

“Vedi, puoi trovare qui, ora il tema dei “vestiti”: fa parte della fotografia, della moda, del come le nuove generazioni stanno vivendo, sentendo e interpretando la loro vita. Un’inquietudine che sento sia alla radice della lunga traiettoria che dal primo CD ROM che ho realizzato arrivi fin qui, a questa dinamica in continuo movimento. Inaugureremo a fine anno il FotoMuseo Coyoacán, lì dove si trova già la Fundacion Pedro Meyer: era casa mia a Coyoacán (quartiere tra i più belli di Città del Messico, qui anche la Casa Museo di Frida Kahlo e l’Istituto Italiano di Cultura, ndr), un luogo dove ci si può già iscrivere a corsi di fotografia, di cinema, con la possibilità di accedere a borse di studio”.

Immagine della mostra POSE

In questa società, di massa, che cambia a una velocità incredibile…quando trovare un tempo per incontrarsi?

Per questo occorre dare voce a una parte sociale, a quelle necessità che abbiamo come persone: ad esempio nella mostra POSE la grandezza delle foto (gigantografie alle pareti, ndr) è un’esperienza unica rispetto a quella delle immagini dello schermo. Se puoi capire e apprezzare immagini così piccole sullo schermo, cosa può succedere con quelle più grandi? È come per la musica, dove la vibrazione dell’ascolto in cassa a casa, è differente da ascoltarlo qui, dal vivo, in condivisione con altre persone. In questo momento stiamo avendo un’esperienza sociale differente da quella di internet, per questo si decide di venire qui, per partecipare socialmente. Arrivano persone da tutte le parti, il 60% dal DF. Abbiamo appena inaugurato la caffetteria, e prossimamente sulla terrazza un orto che sarà il più grande di Città del México: rifornirà il ristorante che apriremo, la caffetteria, e anche il FotoMuseo.”

Saliti sulla terrazza ci mostra un edificio vicino, un’altra ex fabbrica, le cui trattative di acquisto stanno terminando: diventerà un luogo di produzione concreta per tutte le anime creative che si formeranno grazie ai laboratori e ai corsi negli spazi del Foto Museo Cuatro Caminos.

Al di sopra degli spazi espositivi, si trovano saloni e stanze per incontri con coloro che appartengono al territorio, con padri che conducono in quei luoghi i loro figli per abituarsi al confronto, e con tutti coloro che vogliono cogliere un’occasione che possa crescere col tempo.

Immagine di Fotografio para recordar di Pedro Mayer, primo CD ROM al mondo con Storytelling

Dietro al Museo, un pantheon, un cimitero, per rispettare il legame così stretto e naturale che si vive qui in Messico tra la vita e la morte…
Vedete il cantiere vicino alla metro (Cuatro Caminos, ndr)? Li sta facendo Carlos Slim (tra gli uomini più ricchi del mondo, messicano, ndr), ha una concessione di 50 anni per aprire e gestire una nuova Central de Autobuses, che sarà uno degli snodi di collegamento più importanti di Città del Messico e del Paese. La via che vedete qui sotto trafficata? Diventerà un’area pedonale, con alberi, verde, famiglie che cammineranno indisturbate: sarà bellissimo.

Aggirandoci, troviamo anche una sala con proiezioni di pellicole “gender”, per rispettare fino in fondo la fluidità di questi tempi.
“Vedo molto bene il fatto che tutto proceda tanto rapidamente: già abituati a vivere così, possiamo avere anche la capacità di processare e affrontare molto più velocemente le crisi”.

Giacomo d’Alelio