Lo sfruttamento dell’economia della speranza in Sic

La nostra intervista alla regista Irene Dionisio che alla Settimana della Critica ha presentato "Le ultime cose" sul microcosmo che ruota intorno al Banco del pegni di Torino. In sala dal 29 settembre per Istituto Luce.
Intervista a Irene Dionisio a cura di Giovanna Barreca

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Prima studio antropologico del Monte dei pegni di Torino e della diversa umanità che lo abita e lo attraverso giorno dopo giorno. Ascolto delle storie di chi ci lavora e di chi è cliente e poi la decisione di raccontare tale microcosmo non attraverso un documentario ma il dispositivo del cinema di finzione per, come afferma la regista: “portare sullo schermo la sua densità di significato e di vita. In questo luogo l’essere umano sembra spogliato delle sue sembianze naturali, impotente e annichilito davanti ad una rete possente, organizzata e sorda”.
Così è nato e si è sviluppato Le ultime cose, opera prima di Irene Dionisio, giovane filmaker torinese nota al pubblico soprattutto per il suo Sponde, nel sicuro mare del Nord, vincitore del Premio Solinas e di molti altri riconoscimenti in Italia e all’estero.
Unica opera prima in concorso alla Settimana della critica della 73esima Mostra del cinema di Venezia Le ultime cose sa denunciare lo sfruttamento dell’economia della speranza. Lascia che lo spettatore segua diversi personaggi, clienti e responsabili della struttura che interagiscono tra loro rapportandosi in maniera diversa tra loro ma soprattutto con il denaro, mezzo della speranza, dello sfruttamento, del desiderio e della colpa che esso genera attraverso il debito contratto e il desiderio del riscatto dell’oggetto dato in pegno. Dionisio non lo inquadra mai tanto è forte e importante anche l’uso di tutto ciò che è fuori campo in un film che all’elemento tragico unisce – usando soprattutto una musica che sappia fare da controaltare – quello grottesco, quasi comico.
Dal 29 settembre in sala per l’Istituto Luce.

giovanna barreca