La natura emotiva del passato

Mujah Maraini-Melehi porta alla Festa del cinema di Roma "Haiku, sull'albero del prugno", incentrato sui due anni di prigionia in un campo di concentramento giapponese vissuti dalla sua famiglia durante la Seconda guerra mondiale. La struttura, le scenografie di Basil Twist lo rendono un viaggio nella memoria personale e collettiva. La nostra intervista alla regista.
Intervista a Mujah Maraini-Melehi a cura di Giovanna Barreca

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Un road movie della memoria personale e collettiva. La definizione che abbiamo attribuito al documentario Haiku – on a plum tree piace alla regista Mujah Maraini-Melehi perchè riesce a condensare, senza ovviamente essere totalmente esaustiva, la portata della vicenda narrata.
Topazia Alliata, Fosco Maraini durante la Seconda guerra mondiale vennero arrestati e imprigionati con le loro tre figliole in un campo di concentramento giapponese. Più volte Dacia Maraini, scrittrice e zia della regista, ha raccontato quel periodo terribile della sua infanzia, la fame, le privazioni (“Non c’è nulla che ti fermi davanti alla ricerca di cibo”), il gesto estremo compiuto dal padre ma qui il racconto delle tragice conseguenze della fuga da un’Italia ubriaca di razzismo dalla quale Fosco voleva proteggere le figlie andando altrove (era antopologo e orientalista), diventa patrimonio di ogni spettatore che segue la regista e viaggia con lei e conosce con lei, partendo da Firenze per poi arrivare in Giappone alla ricerca dei luoghi della vicenda per poi tornare in Italia, dalla nonna, dalla famiglia.
Presentato nella sezione Riflessi alla Festa del cinema di Roma, il documentario poggia la narrazione, ben strutturata e dall’andamento molto fluido e appassionato, prima di tutto sul diario tenuto da Topazia (pubblicato nel 2003 e spunto della autobiografia romanzata “Case, amore, universi” di Fosco Maraini) per poi collegarlo al racconto diretto della madre della regista, della zia, dei giapponesi che conobbero la famiglia e della stessa regista che entra in scena, diventando tramite diretta di quella memoria che le appartiene, per cercare una forma di riconciliazione. Emerge tutta la dignità di una famiglia che fece una scelta difficile rifiutando di firmare per la Repubblica di Salò: “Sono entrata in prigione con le mie gambe, forte della mia scelta e volontà morale” affermò Topazia.
La regista ai nostri microfoni racconta anche il lavoro sulle scenografie uniche di Basil Twist (su musiche originali di Ryuichi Sakamoto) che hanno lo scopo di colmare la mancanza di immagini di quei due terribili anni e sono uno splendido contrappunto alle interviste, alle foto, alle immagini girate oggi. Twist, in maniera del tutto originale si affida al Dogugaeshi, teatro giapponese (tradizione che risale al diciassettemiso secolo) che gioca su diversi schermi montati uno davanti all’altro per regalare profondità e allo stesso tempo aiutarci a scavare, entrando profondamente nella storia e nella cultura che è lo sfondo della vicenda.
Il film ha anche il pregio di essere stato prodotto grazie al crowdfunding, da una comunità di ben 193 finanziatori provenienti da 8 paesi nel mondo che ha sentito, a distanza di oltre 70 anni, l’urgenza di vedere raccontata per immagine questa nostra storia.

giovanna barreca