TFF34 Le partigiane piemontesi, la nostra libertà oggi

Daniele Segre presenta Nome di battaglia donna al Torino Film Festival per restituire dignità e riconoscere il ruolo attivo e fondamentale delle donne alla guerra di Liberazione. La nostra intervista in esclusiva al regista di vero cinema utile e civile.
Intervista a Daniele Segre a cura di Giovanna Barreca

battagliadonna
Il ruolo delle donne nella Resistenza è stato fondamentale ma poco raccontato e per colmare questa lacuna storica Daniele Segre realizza, con la sua casa di produzione I Cammelli e l’Anpi Piemonte, il documentario Nome di battaglia donna, presentato in Festa Mobile al Torino Film Festival.
Come sempre il cinema di Daniele Segre è un cinema civile e utile che sa raccontare pagine del nostro recente passato, monito fondamentale per il nostro futuro. “Ritengo sia necessario essere sempre vicili e non cadere in facili populismi” precisa nella nostra intervista.
In Nome di battaglia donna decide che nel quadro ci siano solo otto partigiane protagoniste e poco altro. Il film è composto dalle parole di Marisa Ombra, Carmen Nanotti, Carla Dappiano, Gisella Giambone, Enrica Core, Maria Airaudo, Rosi Marino e Maddalena Brunero che raccontano della loro esperienza, del loro contributo durante quegli anni difficili. Hanno tutte tra gli 88 e i 94 anni e con una passione che arriva diretta allo spettatore, tornano alla loro attività di collegamento come staffette, alle difficiltà nel muoversi in città tra i fascisti, alla loro capacità di tenere i rapporti con la popolazione civile e con le compagne e i compagni, delle paure e di come vennero addestrate anche a tenere il fucile. Inoltre le partigiane si occupavano del cibo e dei vestiti dei compagni sulle montagne, soprattutto durante il rigido inverno piemontese. I “gruppi di divesa della donna” nacquero ufficialmente nel novembre 1943 e in molte pagarono con la vita o subendo orribili violenze la loro appartenenza alla lotta di Liberazione.
“Restituire dignità alle donne che ebbero un ruolo attivo e fondamentale” precisa Segre che anche in conferenza stampa ricorda che come ebreo è stato salvato dai contadini delle Langhe e che la rete partigiana è quella che gli ha permesso di essere vivo. “Il mio è un debito di riconoscenza, un obbligo morale perchè l’obiettivo di questo cinema vuole essere quello di nutrire: zappare la terra perchè nascano nuovi germogli”.

Ai volti, alle parole delle protagoniste, alle poche immagini narrative (“ideate come ideali soggettive delle partigiane”) viene affiancato un contrappunto musicale privo di retorica e di didascalismo perchè Segre affida a Maria Teresa Soldani il compito di comporre delle musiche in grado di creare la crea la giusta atmosfera.

Allo studio un progetto web per rendere fruibili per gli studiosi (e speriamo anche per gli studenti delle scuole dell’obbligo) le singole interviste alle partigiane piemontesi. Alle quali, auspichiamo, possano aggiungersi altre compagne, prima che sia troppo tardi.

giovanna barreca