Una vita da gatto

Il plot è trito e ritrito. Tom, miliardario con qualche assenza di troppo da farsi perdonare in famiglia, rimane vittima di un incidente e si ritrova, mentre il suo corpo giace in coma su un letto d’ospedale, nei panni del gattino che stava per portare in dono alla figlia. Sembrerebbe tutto scontato, se non fosse che a impersonare Tom è il Kevin Spacey che tutti abbiamo imparato a conoscere in ruoli ben più ambigui e notturni. L’esperienza da felino, come da copione, serve a Tom per recuperare la dimensione domestica degli affetti familiari.  

Se il divo offre pertanto il fianco e il viso a un’operazione commerciale di non eccelse ambizioni, a sedere in cabina di regia è Barry Sonnenfeld che, dai tempi degli Addams o della saga dei Men in black, è uno dei più acclamati veterani di film per famiglie. Una vita da gatto è una commediola da pomeriggio in tv che prova ad alzare il livello della confezione inserendo anche elementi d’ironia sulla preponderanza dei gatti nell’immaginario pop e social contemporaneo, ma la satira è stracca e poco divertente. Altra curiosità, il cameo di Christopher Walken nel ruolo del misterioso proprietario di un negozio di animali che sembra fare il verso al mondo potteriano dei maghetti.

Gianfrancesco Iacono per cinematografo.it