Addio a Jonathan Demme

Addio a Jonathan Demme, regista de Il silenzio degli innocenti e Philadelphia. Aveva 73 anni e nel 2010 si era sottoposto a delle cure per un cancro all’esofago, tornato però nel 2015. Lascia la moglie e tre figli.

Considerato uno tra i più importanti autori del cinema contemporaneo, Jonathan Demme ha diretto capolavori indimenticabili quali Il silenzio degli innocenti (1991), vincitore di cinque premi Oscar fra cui miglior film e miglior regia, e Philadelphia (1993), vincitore di due premi Oscar. Aveva debuttato nella regia nel 1974 prodotto da Roger Corman e ha poi diretto – spaziando tra diversi generi, dall’horror alla commedia – oltre trenta film, tra cui alcuni cult movies come Il segno degli Hannan (1979), Qualcosa di travolgente (1986) e Una vedova allegra… ma non troppo (1988). Demme ha dimostrato un notevole talento nel dirigere film con una forte componente musicale (Stop Making Sense, 1984; Neil Young: Heart of Gold, 2006; Dove eravamo rimasti, 2015).

Ha partecipato numerose volte alla Mostra di Venezia con alcuni suoi titoli fra i più significativi, quali Una volta ho incontrato un miliardario (1980, in Concorso, vincitore di due Oscar), The Manchurian Candidate (2004, fuori Concorso), Man From Plains (2007, Orizzonti Doc), Rachel sta per sposarsi (2008, in Concorso), I’m Caroline Parker: the Good, the Bad and the Beautiful (2011, Orizzonti) ed Enzo Avitabile Music Life (2012, fuori Concorso). Alla Mostra 2015 è stato Presidente della Giuria Orizzonti. Il suo ultimo lavoro di finzione era stato Dove eravamo rimasti (2015), con Meryl Streep, presentato a Locarno, mentre lo scorso anno aveva firmato il film-concerto Justin Timberlake + The Tennessee Kids. in 2016.

Con ammirevole equilibrio tra approccio d’autore e gusto mainstream, dimensione indie e lavoro negli studios, Jonathan Demme ha saputo interpretare le mutazioni nel cinema americano tra i Settanta ad oggi con grande bravura e intelligenza, calandosi ogni volta nella sua multiforme realtà con piglio umanista e personale. Ha saputo rileggere i generi con sensibilità moderna, si è dedicato al documentario con dedizione e coraggio, ha ridisegnato l’immaginario popolare arricchendolo di figure indimenticabili, sullo sfondo di un paesaggio americano vivace e inquieto, in perenne trasformazione, ma sempre vero, riconoscibile, non ancora passato sotto gli artifici del postmodernismo.

 

 

Redazione