Tito e gli alieni/emozioni al TFF

Paola Randi, in Festa Mobile al Torino Film Festival, presenta una commedia sul senso profondo della nostra memoria e della ricerca dell'identità dopo che vengono a mancare i punti fermi dell'esistenza. Uno straordinario Valerio Mastandrea è il Professore che cerca il segnale con gli extraterresti. Le nostre interviste. In sala dal 2018.
Intervista a Paola Randi a cura di Giovanna Barreca
Intervista a Valerio Mastandrea a cura di Giovanna Barreca

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“Questo film ha un aspetto poetico fortissimo perchè le cose più aliene sono le emozioni dei personaggi, difficili da percepire ma che uno ha voglia di cercare” ci confessa Valerio Mastandrea, protagonista di Tito e gli alieni di Paola Randi, presentato in Festa Mobile al Torino Film Festival. All’inizio del film lo scienziato un po’ folle che la famiglia napoletana si immagina sia immerso nella Los Angeles patinata dei grandi alberghi, delle ville con piscine enormi, in realtà si trova in un piccolo villaggio di pochissimi abitanti, nei pressi della famosa Area 51. Non ha neppure l’auto e il suo unico contatto con il mondo terreno è una giovane ragazza che organizza matrimoni a tema. Cerca un suono dallo spazio, per parlare con gli extraterresti ma, da quando la moglie è morta, non ha più provato a ricercare quel contatto e ora, il governo degli Stati Uniti – che stava finanziando la sua ricerca -, vuole interrompere il progetto. Quando in questa sua dimensione arrivano i nipoti (Chiara Stella Riccio e Luca Esposito, attori esordienti perfettamente in parte), rimasti orfani, il rapporto del Professore con il suo cielo e la sua terra devono cambiare, deve espanderli in maniera diversa e deve cercare dei percorsi di risoluzione diversa. Sarà l’ostinato desiderio di comunicare del piccolo Tito che creerà il cambiamento, che creerà nuove forme di comunicazione.
Al suo secondo lungometraggio, dopo Into Paradiso – debutto alla regia molto apprezzato da critica e pubblico – Paola Randi torna a Torino dove aveva presentato il suo corto Giulietta della spazzatura e ci rivela l’aspetto intimo che ha portato alla nascita di un soggetto così “alieno” anche per il cinema italiano e proprio per questo ancora più meritevole e degno di attenzione, oltre alla capacità dell’autrice di raccontare una storia così intensa, legando toni di leggerezza ricci di poesia, e sfruttando il viso malinconico di Mastandrea, per aggiungere anche tante note umoristiche.
“Pensavo fosse importante raccontare qualcosa che conoscevo bene. Mi sono chiesta: quali mezzi abbiamo per affrontare il dolore e la perdita? Cosa succede soprattutto in una famiglia quando subisce questi scossoni? Come si trasforma? Mio padre mi ha aiutato lungo la via perchè negli ultimi anni di vita stava perdendo la memoria e un giorno l’ho trovato a guardava intensamente il ritratto di mia madre; voleva conservarne il ricordo. Quindi ho provato a raccontare la realtà attraverso l’intelligenze e leggerezza del mio babbo. Non potevo che usare la fantascienza per raccontare questa famiglia che cerca di ritrovare una propria identità”.
Ascoltando le nostre interviste scoprirete molto altro, sull’amore di Randi per il genere fantascienza e la paure – con pizzichi d’angoscia – provati da Mastandrea che non ha visto neppure E.T. di Spielberg, sul perchè di una location così curata in ogni suo aspetto e ricreata in Spagna, in Nevada e nella centrale nucleare di Montalto di Castro.

giovanna barreca