Calopresti: il sogno di riscatto di Africo

Aspromonte - la terra degli ultimi di Mimmo Calopresti, trasposizione cinematografica dal romanzo Via dall'Aspromonte di Pietro Criaco, arriva nelle sale 21 novembre. Nel film Marcello Fonte, Francesco Colella, Sergio Rubini, Valeria Bruni Tedeschi. La nostra intervista al regista.
Intervista a Mimmo Calopresti a cura di Giovanna Barreca

aspromonte

Mimmo Calopresti, il regista che nel 1995 debuttò alla regia con La seconda volta, presentato a Cannes, e qualche anno dopo – sempre sulla Croisette – presentò La parola amore esiste, dopo una carriere fatta di film di finzione e documentari -, torna alla regia con Aspromonte – la terra degli ultimi, costruendo un racconto sulla voglia di vita e di emancipazione di un’intera comunità. Una storia che ha per il regista e il produttore Fulvio Lucisano, il sapore del ritorno a casa, alle loro comuni origini calabresi.
Il film, tratto dal romanzo Via dall’Aspromonte di Pietro Criaco e ispirato ad una storia vera, è ambientato ad Africo, nella Calabria degli anni Cinquanta dove in un paese arroccato nell’Aspromonte si muore ancora di parto perchè non c’è il dottore e non esiste una strada che lo colleghi velocemente alla città più vicina. Un paese dal quale si emigra per sognare una nuova vita, anche se non si sa neppure dove sia l’Australia che amici e parenti hanno già raggiunta ma dove saranno sicuramente felici, come afferma un bambino nel film.
All’interno di questo mondo isolato, proprio il giorno della rivolta, quando tutto il paese raggiunge la città de La Marina per chiedere a grand voce un dottore al prefetto di zona, arriva dal Nord Italia la maestra (Valeria Bruni Tedeschi) che viene accolta da “Il poeta” (Marcello Fonte), l’unico che nella bellezza delle montagne, del mare, del silenzio trova tutto ciò di cui ha bisogno.
Mancando una risposta dalla istituzioni, gli abitanti del paese – guidati da Peppe (Francesco Colella) – iniziano a costruire una strada, nonostante vengano ostacolati dal boss locale (Sergio Rubini) che vuole tenerli nell’isolamento e nell’arretratezza che gli permette di governarli meglio. Peppe, con le mani e la maestra con la conoscenza lottano per aiutare l’intera comunità a sognare una vita diversa.
Nella nostra intervista il regista ci racconta come il film sia frutto del suo desiderio di raccontare una desiderio di opportunità che guidava gli italiani degli anni Cinquanta come quelli di oggi. Giovani che da quello stesso Sud (e anche dal Nord) continuano ad andarsene in cerca di una vita migliore in un altrove dai confini sempre incerti. Ed, sempre nella nostra chiacchierata, è molto interessante il passaggio quando l’autore racconta le difficoltà non solo logistiche di girare in luoghi ancor oggi isolati, ma soprattutto la difficoltà di mettere in scena la verità della povertà di allora.

giovanna barreca