Una notte da leoni 2

24/05/11 - Addio al celibato a Bangkok per il sequel di Todd Phillips: una copia ben riuscita del primo capitolo che però non riesce a sottrarsi del tutto al rischio noia.

Se l’acquirente dimostra d’aver gradito è più che possibile che sia ben disposto a ripetere l’acquisto. Così dopo il successo incassato due stagioni fa con il prototipo The Hungover – e dopo un goffo tentativo nella scorsa stagione di costruire un altro prodotto da metter in cima allo scaffale dei “due sulla strada”, Parto col folle, infelice commedia on the road in cui Zach Galifianakis, già rodato nel primo capitolo di Una notte da leoni, viene accoppiato a Robert Downey Jr.Todd Phillips ha costruito, insieme a un nuovo gruppo di sceneggiatori, un seguito che fosse la copia carbone del primo. Il disegno del racconto, la posizione degli apici dell’azione, lo stile delle situazioni comiche e più in generale il ritmo di tutto il film seguono pedissequamente lo schema del precedente. Le uniche differenze, per lo più irrilevanti, riguardano il setting – non più Las Vegas ma Bangkok – e i protagonisti della vicenda matrimoniale motore del racconto – stavolta è il dentista Stu a doversi sposare e il suo giovanissimo genero a sparire durante le follie notturne del mefitico terzetto. Il ricalco è talmente fedele che tutti i personaggi principali tornano mantenendo sostanzialmente la loro posizione originaria, tanto che perfino il pittoresco e chiassoso Mike Tyson ricompare in un inatteso cameo. Eccezione che conferma la regola è Mr Chow, criminale asiatico che, tra il primo e il secondo film, da semplice refrain viene promosso a membro della combriccola di scapestrati.

Perché cambiare gli sceneggiatori dopo la progettazione di un così brillante successo allora? Forse perché per confezionare una copia perfettamente fedele all’originale, ma che al tempo stesso riuscisse a soddisfare anche e soprattutto gli spettatori di un film già visto, i produttori hanno creduto necessario commissionare la rifinitura del clone a una diversa squadra di “autori”. Il risultato paradossale è che da una parte Una notte da leoni 2 sembra più solido, ricco e convincente del primo, dall’altra il giocattolo costruito da Phillips è forse un po’ troppo rozzo perché ci si riesca a giocare una seconda volta senza annoiarsi almeno un po’. Phillips ha già vissuto nella sua carriera una vicenda molto simile a questa: tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del millennio fu scelto per tentare di resuscitare la buddy comedy ibridandola con la tradizione del college movie. Road Trip e Old School (inedito in Italia) furono due sostanziali fiaschi, forse perché la necessità di avere protagonisti sempre più adulti mal s’incastrava con lo sfondo giovanilistico del campus statunitense. Allora ecco la trovata vincente: far slittare il gruppo d’inveterati goliardi verso il primo vero appello della vita adulta, il matrimonio. Per un paio di film la trovata sembra reggere. E dopo?

SILVIO GRASSELLI

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