Sguardi sonori

08/06/11 - The Tree Of Life: Alexandre Desplat musica la vita e l'universo nel grande capolavoro di Terrence Malick, palma d'oro a Cannes 64.

Rubrica a cura di Emanuele Rauco

sguardi-sonori-interno.jpgUn romanzo di fantascienza umoristica di Douglas Adams ha come titolo “La vita, l’universo e tutto quanto”: in pratica i temi, anzi il Tema, scelto da Terrence Malick per tornare al cinema dopo 6 anni da The New World con The Tree of Life. L’ombroso regista americano, che per questo film straordinario ha vinto la Palma d’oro all’ultimo festival di Cannes, ha scelto di raccontare la vita e la morte dentro una famiglia attraverso temi etici come l’educazione; religiosi come la presenza/assenza di dio; metafisici come il rapporto tra l’essere umano e l’universo. Per dare corposità sonora a questo intensissimo magma di voci, parole, note, suoni e immagini che crea un flusso interno allo spettatore, grazie anche al sound design di Erik Aadahl e Craig Berkey, Malick non poteva che affidarsi forse al miglior musicista per il cinema vivente, ossia Alexandre Desplat, che realizza una partitura evocativa, quasi del tutto pianistica con orchestra sullo sfondo ma che asseconda i picchi emotivi con quell’intensità sotterranea di cui il compositore francese è maestro.

La partitura segue in pratica il corso della vita, dell’educazione e anche sottilmente della morte di un uomo, costeggiando la complessa costruzione narrativa e temporale del film partendo dalla tesa e tersa melodia pianistica di Childhood per poi arrivare con la lunga e maestosa Circles ad accompagnare il tripudio d’immagini (anti)naturalistiche che irrompono poco dopo l’inizio del film; Desplat usa le sue armi migliori, il suo stile raffinato e popolare, il suo gusto infinito per i crescendo e i giochi armonici ma dà loro una consapevolezza più alta: la malinconia di River, la sommessa epicità di Awakening, le aperture orchestrali di Light & Darkness, gli archi tormentati di Good & Evil e la grazia di Motherhood sono perle dell’intera produzione desplatiana e conducono al finale celestiale di Skies con favolosa poesia. Musica che come un fiume carsico, immagine non casuale nel senso del film, scava e incide lo spettatore e le immagini, che a essa non si sovrappongono ma si adattano e la circondano: il film è costruito come una sinfonia, arricchita dall’uso di vari requiem tra cui quelli magnifici di Preisner (composto per la morte di Kieslowski) e Berlioz.

EMANUELE RAUCO