Don’t expect too much

05/09/11 - Fuori Concorso il documentario su Nicholas Ray girato dalla moglie Susan. Un film che si riallaccia all'ultima opera del regista We Can’t Go Home Again.

Dalla nostra inviata LIA COLUCCI

Un curioso fenomeno quello avvenuto a Venezia 68: un film che è la spiegazione dell’altro. Tutto nasce da quel geniaccio di Nicholas Ray che una volta allontanatosi da Hollywood, o dopo che Hollywood lo aveva abbandonato, a seconda dei punti di vista, finisce solo con la sua leggenda, a insegnare cinema in un’università, peraltro neanche troppo prestigiosa, di New York. Siccome per il regista di Gioventù Bruciata e Johnny Guitar il cinema non si insegna ma si fa, organizza gli studenti per girare un film sperimentale dal titolo We Can’t Go Home Again, presentato Fuori Concorso alla Mostra. Parallelamente la vedova del regista Susan Ray ha portato al Lido un’operazione meta cinematografica su quell’ultimo lavoro del marito dal titolo Don’t Expect Too Much presentato qui sempre Fuori Concorso. In sostanza la Signora Ray ha ripreso meticolosamente le riprese del film fatto con gli studenti, per indagare in maniera approfondita Nick: la sua insaziabile curiosità, la sua perenne inquietudine, il suo alcolismo devastante. Eppure la sua estrema magrezza, la sigaretta perennemente appiccicata tra le labbra, la cronica mancanza di soldi e il perenne bisogno del gioco ne fanno una figura eroica. E poi il bisogno viscerale di cinema, a cui sacrifica sonno, salute, vita.

Ma di tutto questo ci aveva già messo a parte il trentaquattrenne Wim Wenders che nel 1979 filmò la sua morte in Nick’s Movie –Lampi sull’acqua: un film agghiacciante e tragicamente reale, che si pone come una sorta di testamento spirituale del suo coraggio e del senso dell’estremo che lo abitava anche da moribondo. Come allora, anche oggi continuiamo a pensare che il miglior modo di ricordarlo sia riguardare i suoi film: quelli che hanno fatto epoca, moda, creato nuovi mondi.