Maternity Blues

08/09/11 - Fabrizio Cattani presenta in Controcampo Italiano il suo terzo film: una storia attuale e dolorosa tradita dalla realizzazione.

Dal nostro inviato EMANUELE RAUCO

Il titolo potrebbe far pensare a un inno alla maternità, a un canto, magari antico sulla bellezza dell’essere madre, invece Maternity Blues, si riferisce a una sindrome psichiatrica che porta una madre a uccidere il proprio figlio. Di questo parla Fabrizio Cattani, al terzo lungometraggio dopo il discreto Il rabdomante, in un film che però si limita al tema e lavora poco sulla forma cinematografica. Clara è l’ultima arrivata in un istituto psichiatrico giudiziario in cui vengono curate le madri accusate di figlicidio; qui, oltre a conoscere e a stringere rapporti d’amicizia con le altre pazienti, ognuna con un problema mentale differente, comincia a riflettere sul suo gesto e sul significato che ha nella società. Il regista scrive questo dramma della psiche con Grazia Verasani, autrice della pièce From Medea su cui si basa il film, e realizza una sorta di Ragazze interrotte sul filo del tragico che pare più un bignami informativo che un’opera drammaturgica.

La pellicola infatti, più che concentrarsi sugli sviluppi delle vite delle protagoniste o sul loro percorso umano, preferisce descrivere le storie minime all’interno dell’istituto, spiegando allo spettatore le tappe di recupero, il rapporto col mondo esterno (il marito di Clara sta cercando di rifarsi una vita, e forse è il personaggio migliore), le dinamiche tra i personaggi: viene a mancare così l’esigenza narrativa alla base dell’opera – come dimostrano anche gli enfatici flashback sul finale – il cui potenziale documentario è altresì sprecato da una messinscena prossima alla soap opera. Peccato, perchè il tema è trattato per buona parte senza toni da talk-show serale, perchè in passato Cattani aveva dimostrato un occhio non male nel disegnare luoghi e paesaggi e perchè le attrici s’impegnano notevolmente, ottenendo anche qualche risultato: Andrea Osvart è abbastanza convincente e Monica Birladeanu (conosciuta per il film rumeno Francesca, presentato a Venezia 2 anni fa) conferma il suo sex appeal non convenzionale. Purtroppo a vincere è il coté letterario e melodrammatico, senza avere però un adeguato spessore di fondo.