Tormented

08/09/11 - Il ritorno di Takashi Shimizu a Venezia fuori concorso con un horror onirico e psicoanalitico. Molta fantasia e un ottimo 3D.

Dal nostro inviato EMANUELE RAUCO

L’anno scorso a Venezia, The Shock Labyrinth fu uno dei primi film in tre dimensioni a essere proiettati alla Mostra, anche se con una brutta accoglienza; quest’anno, il regista Takashi Shimizu è di nuovo al Lido fuori concorso con Tormented, horror stereoscopico che rilegge alcuni miti della psicoanalisi con migliore verve del precedente lavoro. Un bambino, la muta sorella maggiore e un padre chiuso e scostante sono tormentati da una presenza spaventosa: un coniglio di peluche che li conduce in una dimensione violenta, dove sogni, ricordi e fantasie malate si mescolano. Scritto dal regista con Sotaro Hayashi e Daisuke Hosaka, il film è un tipico j-horror (termine gergale per indicare il genere in versione nipponica), con fantasmi, memorie sepolte e vendette, in cui però stavolta non è il passato a colpire ma i demoni delle mente.

La pellicola si concentra infatti su un immaginario che va da Alice nel paese delle meraviglie alla Casa degli spettri del luna park, per raccontare una storia già sentita di follie, allucinazioni e omocidi repressi dall’inconscio; dove il film però dà il meglio di sé è – caso raro – proprio nel lavoro stilistico sulla stereoscopia, perché Shimizu fa un lavoro accurato e affascinante sui piani visivi, la percezione dello spettatore e la profondità di campo. Le 3 ‘P’ (piani, percezione e profondità) che rendono buono un 3D e in questo caso è ottimo, anzi stilisticamente fondante, aumenta – anziché rendere sterile – la fantasia visionaria del regista e permette di perdonare le boutade psicoanalitiche mal gestite grazie ad atmosfere intriganti e curate. Ha tutti i limiti e i difetti tanto del genere quanto del suo autore, ma è anche uno dei più radicali e interessanti lavori tridimensionali da quando questa tecnica è tornata in auge.