4:44 Last Day on Earth

08/09/11 - Torna Abel Ferrara e ci illustra come prepararsi al meglio per l’apocalisse. In un film a basso budget in concorso a Venezia 68.

Dalla nostra inviata DARIA POMPONIO

Dopo essere apparso a Venezia 66 con la docu-fiction fuori concorso Napoli Napoli Napoli, Abel Ferrara è tornato al Lido, stavolta in competizione, con 4:44 Last Day on Earth. Prontuario filosofico su cosa fare in caso di apocalisse, il nuovo film di Ferrara segue le ultime ore di vita di una coppia composta da una pittrice, Skye (Shanyn Leigh) e una star del cinema, Cisco (Willem Dafoe). Mentre numerosi schermi televisivi accesi trasmettono gli ultimi notiziari e incitano a mantenere la calma, i due si dedicano all’unica attività degna dell’evento: fanno l’amore. In un mondo che è oramai un collage di immagini digitali, accanto alle news scorrono i pensieri filosofici new age di un guru indiano, Al Gore interviene nuovamente sullo scioglimento della calotta polare, il Dalai Lama espone insospettabili opinioni sul denaro. Naturalmente ci sono poi anche le immagini che arrivano via skype ai due protagonisti, da amici e parenti geograficamente distanti, pronti per un ultimo saluto.

Mentre le immagini si moltiplicano e si sovrappongono, si fa strada l’idea che non sia il mondo a finire, ma semplicemente la vita dell’uomo. Quello che ci circonda, infatti, non è reale, costituisce piuttosto una proiezione della mente umana. Finito l’uomo finirà il mondo, ma solo così come l’uomo lo percepisce. La realtà è dunque vittima, al pari dell’immagine, di un relativismo e di una frammentazione inarrestabile. Risalire a una causa prima, a un originale, è impossibile. Il fatto che esista un orario prefissato per l’armageddon è per i personaggi di enorme sollievo; di fronte all’inevitabilità di questo appuntamento è infatti inutile darsi all’isteria.

4:00 The Last Day on Earth contiene anche una lucida riflessione sull’11 settembre, il cui decimo anniversario cade proprio alla chiusura di Venezia 68. Quando infatti Cisco vede un suo dirimpettaio lanciarsi nel vuoto proprio davanti ai suoi occhi, tornano alla mente quei corpi che si lanciarono dalle Twin Towers in fiamme. Forse anche la loro è stata una morte annunciata e inevitabile, di certo anche per loro, così come per i protagonisti del film, il mondo è finito quel giorno. Le riflessioni filosofiche di Ferrara possono sembrare ingenue, ma la loro näiveté ben si accompagna a uno stile immediato e scarno, garantito da una produzione evidentemente a basso budget. Pensieri intimi in libertà dunque, espressi senza pudore da un autore che da sempre ci tiene a mettere lo spettatore a disagio.