Sguardi sonori

12/10/11 - L'alba del pianeta delle scimmie: il ritmo e la tensione di Patrick Doyle per il film di Rupert Wyatt, prequel del cult con Charlton Heston.

Sguardi sonori – Viaggio tra le sette note composte per la settima arte – a cura di Emanuele Rauco

sguardi-sonori-interno.jpgPer resuscitare la serie e il marchio del Pianeta delle scimmie dopo il tentativo fallito di Tim Burton, Rupert Wyatt ha messo da parte l’essenziale mitologia dei film precedenti e ha disegnato con L’alba del pianeta delle scimmie una sorta di prequel a quella storia, un mondo realistico invaso dall’apparente irrazionalità animale. Operazione ben riuscita a cui contribuiscono in maniera notevole le musiche di Patrick Doyle, compositore di matrice classica che ha dato il meglio di sé (2 nomination all’Oscar) come con Hamlet di Kenneth Branagh e Ragione e sentimento di Ang Lee. E dagli adattamenti in costume, o meglio da quella concezione sonora molto emotiva, non si discosta troppo la partitura scritta da Doyle per il film di Wyatt, che non a caso una storia epica di ribellione e di conquista, che ha come protagonista un primate di nome Cesare, dal dramma shakespeariano: il musicista scegli timbri e armonie di forte impatto, melodie viscerale ma poi li fa esplodere con percussioni e ritmiche “primitive”, scopre la tensione e la bellezza degli archi e poi la sovrasta con le dissonanze della tensione.

The Beginning, come dice il titolo, funge da ouverture a Bright Eyes Escapes che in meno di quattro minuti pare riassumere l’intero spirito della soundtrack; Lofty Swing è il primo impatto con la percussione e i cori tribali, mentre Who Am I nasconde il cuore melodico e problematico del film. La colonna sonora cerca una unità tematica senza ricorrere a facile melodie ma creando un tappeto compatto tra il forte impatto e l’attimo riflessivo, tra la suspense pura di Gen-Sys Freedom e l’impatto orchestrale di Golden Gate Bridge. Doyle realizza un prodotto degno di una grande produzione, curatissimo nella produzione, classico nell’impianto senza essere banale e capace di azzeccare anche un paio di momenti bellissimi (la conclusiva Caesar’s Home): musica per un cinema mainstream ma non per questo corrivo.