L’industriale

10/01/12 - Buona tenuta complessiva per il film di Montaldo, in cui si parla apertamente della crisi che attraversa il nostro paese. Con un eccellente Favino.

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  • Il regista: Giuliano Montaldo
  • L’attrice: Carolina Crescentini
  • L’attore: Pierfrancesco Favino
  • È sorprendente – ma forse nemmeno troppo – che per assistere a un tentativo di raccontare la crisi che sta vivendo il nostro paese sia necessario affidarsi a un regista della vecchia generazione come Giuliano Montaldo, classe 1930, che al Festival di Roma ha presentato fuori concorso L’industriale – in uscita in sala in 85 copie per la 01 – film discontinuo e a tratti sconnesso, ma in cui si può leggere chiaramente una tensione di denuncia verso la degenerazione economica, morale e civica che stiamo attraversando. Pierfrancesco Favino interpreta il ruolo dell’industriale del titolo, un capitano d’azienda di stanza a Torino indebitato fino al collo e con 70 operai da stipendiare. Carolina Crescentini è la moglie alto-borghese, ricca di famiglia, che potrebbe risolvere la pericolante situazione economica dell’azienda del marito, ma questi – per orgoglio – non vuole. La tensione lavorativa finisce per sfociare anche nel privato e i due si allontanano man mano.

    Manifestazioni di piazza, auto blu su cui vengono trasportati degli invisibili privilegiati, schegge di vita di povera gente che avvicina e molesta i protagonisti e, soprattutto, la descrizione di un quartiere popolare di Torino (quello in cui vive il parcheggiatore rumeno invaghitosi della Crescentini) ormai trasformatosi in una derelitta rovina in cui si aggirano dei fantasmi in cerca di qualcosa da mangiare o di un piccolo furto: questa è la descrizione raggelante del capoluogo sabaudo che emerge da L’industriale. Un ritratto ben lontano dalla tendenza celebrativa dell’ex città FIAT vista in tanti film degli ultimi anni, una Torino grigia e tetra che atterrisce, bagnata da un Po che pare il fiume Stige, il mitologico fiume degli Inferi. In tutta questa messa in scena ha avuto senza dubbio un ruolo chiave Arnaldo Catinari, direttore della fotografia del film, che ha illuminato volti e corpi, interni ed esterni, entatizzandone più le ombre che le luci, per un quasi bianco e nero talvolta ravvivato da improvvisi sprazzi di colore. Un lavoro eccellente a tratti addirittura non supportato a sufficienza da regia e montaggio. Dopo anni di prove incerte, Montaldo del resto sembra aver ritrovato l’acume dell’efficace osservatore del reale grazie anche ai suoi collaboratori: oltre a Catinari, lo sceneggiatore Andrea Purgatori e Pierfrancesco Favino, in una performance che lo pone ormai decisamente tra i più grandi interpreti del nostro cinema odierno. L’industriale è il racconto di de-formazione di un paese e di un uomo; questi prova a sopravvivere con ingenui tranelli e ambigue minacce ed è ancora prigionerio dell’ideale pioneristico del padre – la classica figura di chi si è fatto da sé, partendo da operaio per arrivare ad avere una propria azienda – e si trova invece costretto, volente o nolente, a guardare in faccia il proprio inevitabile declino. La potenza del discorso complessivo e le varie competenze tecnico-artistiche danno un’aura affascinante a questo nuovo film di Montaldo e allora si è quasi tentati di soprassedere davanti a certe palesi incertezze: una regia che all’inizio dà l’idea di essere televisiva, alcune sequenze recitate male e la risoluzione affidata a due flashback grossolani.

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