Paradiso amaro

20/01/12 - Alexander Payne trova l'ennesima chiave di lettura per coniugare umorismo e dramma. Con un ottimo Clooney, premiato con il Golden Globe.

Dalla nostra inviata LIA COLUCCI

Dopo essere passato al Toronto Film Festival e poi al Festival di Torino, arriva anche in sala il nuovo film di uno dei registi americani più apprezzati dell’ultima generazione, e non certo per i suoi blockbuster. Si tratta di Alexander Payne che vanta due nomination agli Oscar con Jack Nicholson come protagonista di A proposito di Schimdt (2002) e una vittoria due anni dopo con Sideways – In viaggio con Jack nell’ambita categoria della sceneggiatura non originale. Paradiso amaro (titolo originale: The Descendants) si pone come ulteriore e prezioso tassello nella sua filmografia. Il film è basato sul romanzo di Kaui Hart Hemmings, Eredi di un mondo sbagliato e segna il suo ritorno alla regia a dopo sei anni. Un lavoro che riesce a coniugare ironia e dolore, farsa e tragedia senza rinunciare a un rapporto di crescita di introspezione personale che si sviluppa durante tutta la pellicola. A fare da sfondo alla vicenda sono le Hawaii e lo sfortunato protagonista è Matt King (George Clooney) il quale, anche se ricco, ma a detta della famiglia tirchio, si ritrova improvvisamente con la moglie in coma e due figlie che praticamente non conosce da tirare su. Le epifanie non finiscono qui: il protagonista scopre anche che la moglie ha un amante e che stava per chiedere il divorzio. Vari sentimenti albergano nella mente del povero Matt: rimpianto, rancore e anche la voglia di conoscere un suo ipotetico futuro. Così si reca a visitare quello che sarebbe dovuto essere il futuro compagno della moglie. Il regista riesce a ben misurare gli sbalzi di umore, i vuoti esistenziali, le compulsioni emotive tanto che alla fine sembra di assistere a una giostra priva di ogni logica.

Eppure una logica si trova nei sentimenti che questi personaggi dilaniati, apparentemente distanti condividono. Si percepisce tra le righe, quello che emerge sono le battute acide, i commenti odiosi. Ma la parola fine la darà lei, la moribonda, attraverso un testamento biologico in cui decide che in tali condizioni vuole mettere fine ai suoi giorni. Di fronte a una decisione così drammatica l’animo dei familiari sembra chetarsi, fino ad abbandonare l’accanimento anche verso Matt. Un tragi-commedia intelligente che non ha nulla della furbizia hollywoodiana, sfrutta con sapienza i primi piani e ci conquista con una sceneggiatura veramente ben confezionata. Clooney poi è una vera rivelazione nei panni del milionario imbranato e impreparato a vivere. Talmente credibile che sembra non abbia fatto altro nella vita.

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