A moi seule

11/02/12 - In lizza per l'Orso d'oro, un racconto di fomazione, firmato da Frédéric Videau, che vede protagonisti un sequestratore e la sua vittima.

Dalla nostra inviata Daria Pomponio

Ascolta la conferenza stampa del film dal Festival di Berlino.

Rigoroso ritratto psicologico di un’adolescente prepotente e seduttiva, A moi seule (titolo internazionale Coming Home) di Frédéric Videau, presentato in Concorso alla 62/a Berlinale è un film disturbante, che mette lo spettatore di fronte alla sua inconfessabile fascinazione per il morboso. La storia, assai simile a un celebre fatto di cronaca (quello di Natascha Kampusch), ha per protagonista Gaelle (Agathe Bonitzer), rapita da bambina e tenuta prigioniera per sei lunghi anni. Il suo sequestratore l’ha cresciuta ed accudita, le ha comprati libri, CD, vestiti e tinte per i capelli, ha discusso con lei di svariati argomenti e infine l’ha liberata. Ma ora la ragazza non è più in grado di rientrare né nella propria famiglia, né nella società.

Come ogni adolescente, anzi, di certo più delle altre, Gaelle è una ribelle senza causa, provoca gli altri, crede di essere l’unica detentrice del pensiero logico, insomma, è alla ricerca della propria identità. Con uno stile volutamente freddo e distaccato, Videau osserva la sua protagonista mentre parla con genitori e psicologi e si sofferma poi sui lunghi flashback che ricostruiscono la sua prigionia. Non vi è traccia di violenza nel rapporto tra rapitore e rapita, sembra che il sequestro sia nato da un desiderio recondito di paternità, dal bisogno, molto umano, di avere qualcuno di cui prendersi cura. Ma a lungo andare tra i mille giochi di potere, tutti verbali, tra i due personaggi, serpeggia con sempre maggiore forza un inquietante erotismo. Forse i loro battibecchi sono l’espressione di qualche desiderio inconfessabile? Chi di loro due è realmente ostaggio dell’altro? I volti, misteriosi e impenetrabili dei due personaggi non hanno alcuna intenzione di offrire risposte. Mentre si fa sempre più strada la certezza che lo spettatore sia un voyeur un po’ morboso, sequestratore di personaggi inquieti, sequestrato da racconti disturbanti.