Sguardi sonori

15/02/12 - Millennium: Uomini che odiano le donne: Ross e Reznor tornano ad arricchire il cinema di Fincher con suoni elettronici e inquietudini.

Sguardi sonori – Viaggio tra le sette note composte per la settima arte – a cura di Emanuele Rauco

sguardi-sonori-interno.jpgDopo il meritatissimo Oscar vinto per la colonna sonora di The Social Network, Trent Reznor e Atticus Ross tornano a collaborare con David Fincher per il suo nuovo film, Millennium: Uomini che odiano le donne, nuovo adattamento del best-seller di Stig Larsson. E anche qui i due musicisti americani contribuiscono alla creazione di un’atmosfera che si sposa in maniera sorprendente alle immagini del regista. Se nel precedente film, i suoni elettronici e industriali servivano a restituire la contemporaneità del tema e a sottolineare per contrasto le scelte estetiche di Fincher, qui invece queste sonorità sono fondamentali per rendere ancora più profondo il mistero, l’inquietudine, lo spaesamento e la paura di un viaggio tra i mostri di una famiglia e del passato svedese; ma anche per sottolineare finemente come l’elettronica (internet, l’hacking) siano al cuore di ogni narrazione odierna.

Aperto da una grandiosa cover di The Immigrant Song dei Led Zeppelin, reinterpretata qui dalla Karen O che cantò anche i brani di Nel paese delle creature selvagge, lo score sceglie una strada quasi in sottotono rispetto a The Social Network: fin da She Reminds Me of You, con quella tastiera dolcemente inquietante su rumoristico tappeto, i brani della soundtrack puntano a creare e a saturare l’atmosfera di tensione del film. L’apertura melodica di What If We Could? si sposa alle dissonanze di Hidden in Snow, gli archi distorti di Please Take Your Hand Away e il gelo artico di Under the Midnight Sun sembrano comporre quasi una sinfonia sulla Svezia contemporanea, che è proprio il senso della trilogia Millennium; e la chiusura con Is Your Love Strong Enough? di How to Destroy Angels (un terzetto composto da Ross, Reznor e Mariqueen Maandig) è una perfetta e oscura pop-song per accompagnare il poco rassicurante finale dell’opera. Un’altra prova raffinata e ricca di personalità per il duo di compositori, per cui ogni traccia non è semplice commento ma una piccola creazione a sé stante; una colonna sonora meno appariscente e stupefacente della precedente, e quindi per questo meno premiata (niente candidatura agli Oscar, per esempio), ma di sicuro una grande e profonda conferma.