Belli e indipendenti

30/03/12 - A casa non si torna di Lara Rongoni e Giangiacomo De Stefano: documentario sulla dignità del lavoro femminile. La prima il 4 aprile a Bologna.

Belli e indipendenti – Indagine sull’odierno cinema indipendente a cura di Giovanna Barreca

Il lavoro come strumento di indipendenza che permette la realizzazione della propria autonomia professionale, economica ma soprattutto è parte del processo interiore dell’identità personale per diventare persone migliori all’interno della comunità/società nella quale si decide di vivere. A casa non si torna di Lara Rongoni e Giangiacomo De Stefano, attraverso le straordinarie storie di alcune donne, ci mostra un lato del lavoro così ricco di dignità e crescita senza mai far calare l’attenzione dello spettatore. Storie cui si vuole in certa maniera partecipare, dal momento che se ne percepisce immediatamente l’autenticità e la dignità di fondo. Simonetta, Licia, Maria, Michela… Tutte donne-capo cantiere, camioniste, archeologhe, operatrici ecologiche, elettriciste, alcune con una famiglia, altre con la voglia di crearsene una, altre ancora spaventate all’idea di metter su casa, tutte comunque capaci di raccontarci la “poesia del lavoro”, come afferma una di loro, Simonetta: “Io sono innamorata di questo camion e non lo do mai per scontato. Sono contenta di svegliarmi la mattina e aver ancora la fregola…”.

Se per l’amato Charlot di Tempi moderni (1936) il lavoro era talmente alienante da continuare ad avvitare qualsiasi cosa somigliasse a un bullone anche nelle pause e fuori dalla fabbrica, per Franca Rame nello spettacolo Il risveglio (1977, con Dario Fo), nella piccola parte mostrata nel documentario, il lavoro è parte del sonno, penetra nel profondo della mente umana nel bene e nel male, inconciliabile con tutto il resto. Ma in chiave comica l’attrice ne fa emergere anche il forte valore di conquista da preservare a tutti i costi anche perchè, sempre attraverso un nuovo testo scritto appositamente per il documentario, è la sua stessa voce che ci racconta come alle donne, dopo essere state ‘usate’ nel periodo bellico della prima e della seconda guerra mondiale, finita l’emergenza, era stato chiesto/ordinato: “Tornate a casa, mettete al mondo figli e soprattutto state zitte!”. La carta costituzionale italiana all’articolo 51 sancisce la parità di sesso nel lavoro-professione e diritto di famiglia, nonostante l’opposizione – all’epoca in cui la costituzione venne redatta – della chiesa e di buona parte della società che le voleva (vuole?) solo mamme e donne di casa.

Rongoni e De Stefano scandiscono bene, attraverso un’animazione veloce e accattivante il succedersi degli eventi di quegli anni. E se da un lato attraverso cartelli, scritte, colori e suoni ci viene raccontato il “tornate a casa” – e i numeri che riguardano l’oggi dimostrano la persistenza di tale situazione (ad esempio, il 17,20% delle donne deve rinunciare alla maternità per mancanza di tutele, mentre lo stipendio è inferiore del 14% rispetto a quello di un collega uomo) – dall’altro, attraverso primi piani, campi lunghi tante donne ci raccontano il loro “a casa non si torna” (lo slogan delle manifestazioni fuori dai cancelli della FIAT alla fine degli anni ’70 quando i licenziamenti penalizzavano soprattutto le donne), il loro svolgere lavori considerati maschili con ancora maggior forza e determinazione dei colleghi uomini che in luoghi come le fabbriche ad esempio le hanno sempre viste con diffidenza. Tra i vari casi, si vede quello di Licia, il cui contratto a progetto come operatore archeologico non le darà mai la possibilità di “concretizzare la vita” che vorrebbe, ma nonostante ciò continua a lavorare per passione e perché non potrebbe mai lavorare in un luogo chiuso senza più il contatto con la terra. Oppure, il caso di Maria, capo cantiere di sessant’anni: il suo lavoro le è valso da rivalsa nei confronti di una vita difficile e oggi quel posto lo può rivendicare con orgoglio, lei ragazza-madre che ha iniziato come semplice muratore e per poter avanzare è tornata a scuola, mentre i colleghi “con la quinta elementare”, andavano avanti solo perchè maschi. Nel nome della forza e della dignità, per queste donne, tutto appare difficile ma possibile.

Conversando con Lara Rongoni co-regista e co-fondatrice della Sonne film – casa produttrice del documentario – abbiamo cercato di capire tutto il progetto legato ad A casa non si torna che mercoledì 4 aprile verrà mostrato nella sua versione integrale al cinema Europa di Bologna, alla presenza di Susanna Camusso, segretario CGIL, mentre è stato già distribuito dall’8 marzo da Il fatto quotidiano, che lo ha messo a disposizione dei suoi lettori in una versione cross mediale avendo nel primo giorno ha avuto ben 15000 visualizzazioni (“Ce ne aspettavamo 10000 in un mese” confessa entusiasta l’autrice), con una media di 700-1000 visualizzazioni quotidiane dal 9 in poi. Un modo nuovo per fruire l’audiovisivo, una forma democratica e popolare per arrivare a un ampio pubblico, al quale è permesso entrare in queste storie “come se tu frugassi nell’armadio del documentario tra le cose”, precisa la regista emiliana.