Billo a Prato

12/03/09 - Spesso capita d`imbattersi in opere italiane dove appaiono chiare le buone intenzioni e...

L’ultimo film di Laura Muscardin presentato da Cospe (Cooperazione per lo sviluppo dei paesi emergenti) e Arci questa settimana al cinema Terminale di Prato. Presente alla proiezione, l’autrice ha presentato la sua fiaba contemporanea sul tema dll’immigrazione.

billo12/03/09 – Spesso capita d`imbattersi in opere italiane dove appaiono chiare le buone intenzioni e, al contempo, i segni delle difficoltà  produttive che hanno condizionato la riuscita complessiva del film. Ne è l`ennesima prova “Billo, il Grand Dakhaar” di Laura Muscardin, realizzato con pochi mezzi ma accolto da premi e simpatia in vari festival. Malgrado il lodevole impegno del progetto di autoproduzione indipendente The Coproducers, promosso da Eros Puglielli, Marco Bonini e Gabriella Blasi, “Billo” non ha avuto una facile inizio e, forse per questo, non riesce a trovare una chiave unitaria e compatta che ne informi tutto il racconto, alternando così pagine molto interessanti ad altre assai meno convincenti. Mi viene in mente un neologismo, che a mio avviso ne definisce bene pregi e difetti: docummedia. Tale infatti risulta la strana commistione di una narrazione curiosa, rispettosa, quasi etnografica su una cultura lontana dalla nostra, con tratti da commedia all`italiana della più convenzionale, che distanziano il racconto dalla veridicità  di testimonianza sociale. L`autrice stessa riconosce al film una natura di fiaba edificante, sorretta da scopi anche didattici, che non pretende quindi di dire nulla di definitivo sulla questione dell`emigrazione africana in Italia, ma ambisce piuttosto a raccontare una storia-tipo, con tutti i passaggi obbligati del caso (problemi con le forze dell`ordine, difficoltà  d`inserimento e di affrancamento dalla clandestinità , conflittualità  culturale).

Il problema è che il percorso del protagonista appare fin troppo dimostrativo per risultare verosimile, e, soprattutto, troppo netto è lo iato tra la sezione italiana e la parte girata in Senegal, location esplorata da Muscardin con sguardo limpido, vivo e curioso. Si avvertono le precedenti esperienze dell`autrice nel cinema documentario: negli episodi africani, infatti, il film tiene un passo lento, meditato, con sequenze dilatate e dominate da una reale partecipazione alle parole, ai gesti, ai colori e ai tempi di una cultura altra. In tal senso è apprezzabile e coraggioso il rifiuto del doppiaggio, proposto in fase di distribuzione ma accantonato in favore della lingua originale con sottotitoli. In tutta la parte ambientata in Italia, al contrario, la fa da padrona la “nuova convenzione” della commedia italiana, in cui tutto è pulito, smussato, i conflitti sono rarefatti e semplificati, e serpeggia qua e là  un`aria diffusa di politicamente corretto, scarsamente credibile (la coppia di amici gay, i primi ad accogliere Billo con calore e simpatia), con reflussi di italiani-brava-gente (il tappezziere che offre a Billo il primo lavoro regolare) e con qualche sbandata verso un grottesco fuori registro (la violenza survoltata delle forze dell`ordine, il tratteggio dei genitori di Laura, fidanzata italiana di Billo, il compagno di cella appassionato dei Matia Bazar…). Oltretutto, si fa meno etnografico lo sguardo sugli stessi senegalesi; se in Senegal sono guardati con rispetto e ad altezza di essere umano, in Italia sono osservati un po` dall`alto, o quantomeno a distanza. Si vedano i dialoghi tra Billo e Pap, che spesso assumono i tratti di piccoli sketch in linea con la tradizione comica italiana.

Niente di diverso, sia chiaro, dagli intenti dell`autrice, che si prefiggeva per l`appunto di affrontare la controversa questione dell`integrazione razziale in Italia in chiave di fiaba leggera e ironica. Ma manca una compattezza d`opera, una coerenza interna, un`idea unitaria di cinema. A ulteriore sostegno di questa impressione di “squilibrio” è da ricordare invece, tra i punti a favore, la delicatezza mostrata nell`affrontare uno dei tabù più forti della cultura islamica, ovvero la sessualità , nella sequenza in cui Billo si confessa vergine a Laura. E` una brevissima sequenza, in cui però l`autrice si dimostra capace, una volta di più, di guardare l`altro e di raccontarlo, vivendolo.

(MASSIMILIANO SCHIAVONI)

Titolo originale: Billo – Il Grand Dakhaar
Regia: Laura Muscardin
Produzione: Italia, Senegal 2008
Cast: Thierno Thiam, Susy Laude, Marco Bonini, Paolo Gasparini, Carmen de Santos, Daba Soumarè, Paul N’Dour, Boubacar Bà 
Genere: Commedia
Distribuzione: Achab Film
Data di uscita: 19 settembre 2008