Le moine

Vincent Cassel è un monaco condotto all'abisso nel nuovo film di Domink Moll, tratto da un romanzo che incantò Bunuel. Intervista in esclusiva al regista, presente a Roma per il Rendez vous.
Il regista Dominik Moll

Il monaco, romanzo gotico di fine ‘700 scritto da Matthew G.Lewis, fu un testo cardine per il movimento surrealista di più di un secolo dopo, tanto che Artaud e Bunuel cercarono di metterne in scena un adattamento. Il primo a riuscirci è però il regista francese Dominik Moll, alla sua terza regia per il grande schermo, con Le moine, melodramma cupo e incerto, ma di sicuro fascino. Protagonista è Ambrosio, un orfano divenuto monaco integerrimo che, a causa di un misterioso confratello, comincia a conoscere a poco i piaceri della carne, finendo coinvolto negli abissi demoniaci della perdizione. Scritto dal regista con Anne-Louise Trividic, Le moine è un dramma gotico dalle sfumature erotiche e demoniache e, al tempo stesso, una discesa nella perdizione estrema e un’ odissea di espiazione.

Vedendo Le moine, non si fatica a capire cosa abbia spinto Breton e soci a esaltare il testo di Lewis: il sesso, l’eros e i turbamenti della carne in un contesto religioso, castelli e abbazie, elementi onirici (il monaco con la maschera) e melodrammatici, il demonio che conduce la discesa all’abisso del protagonista. Moll gioca con contrasti estremi tra luce accecante e buio fondo grazie alla fotografia di Patrick Blossier, occhieggia al cinema delle origini coi mascherini tondi che isolano le immagini, ma fatica a mescolare le carte, mancandogli il giusto coté crudele e visionario per andare fino in fondo. Poi però, nell’ultima parte, l’estro di Moll si accende, la passione trattenuta esplode e il regista sa mettere in scena uno spettacolo che vibra e colpisce e riscatta un film che altrimenti un po’ blando, quasi di maniera. Al contrario di un Vincent Cassel usato contro parte, placido e ribollente, che sa portare con disinvoltura il peso dell’intero film. Non sarà la sarabanda blasfema che aveva in mente Bunuel (nel suo finale, il demoniaco Ambrosio diveniva papa), ma Le moine è un film che prova, e in parte riesce, a riconciliare con un aspetto della settima arte che da molti anni sembrava dimenticato.

EMANUELE RAUCO