Parola al Cinema

04/04/09 - Davanti a “Fortapà sc” è assai difficile separare le analisi strettamente cinematografiche...

Parola al Cinema – Uno sguardo sulla sceneggiatura

“Fortapà sc”: il poliziottesco rinnovato

(Rubrica a cura di Massimiliano Schiavoni)

parola-al-cinema_def04/04/09 – Davanti a “Fortapà sc” è assai difficile separare le analisi strettamente cinematografiche da quelle etiche, la forma dal contenuto, e nella fattispecie della sceneggiatura, la narrazione dal narrato. E` un classico esempio di film più importante per ciò che dice, che per come lo dice. Non credo che Giancarlo Siani sia conosciutissimo dalle nuove generazioni, e in tal senso ogni lavoro di divulgazione civile sulla storia del nostro paese, recente e non, resta un`opera meritoria, in particolare al cinema, che al momento è la forma di narrazione di maggior impatto popolare. Perciò onore al merito di Marco Risi, ritornato al cinema civile, e direi pure al cinema in senso stretto, dopo anni difficili e operazioni discutibili come “La mano de Dios” sulla vita di Diego Armando Maradona.

“Fortapà sc” appare interessante sotto vari punti di vista. Al di là  della sua natura propriamente “civile”, a livello narrativo si configura come una sorta di esperimento, chissà  quanto consapevole: un “poliziottesco impegnato”, in cui però s`innestano anche il realismo psicologico e lo studio sociologico. Il “poliziottesco impegnato” non è, ovviamente, un`assoluta novità ; i migliori film di Damiano Damiani degli anni `70 coniugavano il “cinema d`azione” con l`impegno civile, ma restavano quasi sempre all`interno degli schemi di genere, sacrificando totalmente le psicologie dei personaggi alla narrazione, e giungendo spesso a un vago qualunquismo ideologico. Ha avuto buon naso chi ha accostato “Gomorra” a un primo abbozzo, raffreddato e sottotono, di rinascita del poliziottesco all`italiana, e “Fortapà sc” ne potrebbe essere una prima filiazione, più classica, più convenzionale, pure più radicata nel genere, ma anche con maggiore attenzione all`umanità  dei personaggi narrati. Del puro poliziottesco Marco Risi riprende la perizia e la suspense autoreferenziale delle scene d`azione; la sparatoria nelle strade di Torre Annunziata è ottimamente scritta e altrettanto ben girata, la tensione è palpabile e “sospende” la narrazione per il puro gusto dell`azione in sè. E` altrettanto “poliziottesco” il profilo di alcuni personaggi negativi (il sindaco di Ennio Fantastichini), caricati, sopra le righe, o di altri personaggi secondari (il caporedattore di Ernesto Mahieux), o l`iperbole grottesca di certi episodi, come il (francamente infelice) omicidio col pescespada. A ciò si contrappone, curiosamente, un protagonista narrato tutto per sottrazioni. Sicuramente si tratta anche di un rispettoso senso di fortapascrealismo verso Giancarlo Siani, e pure di una particolare attenzione al verosimile; sarebbe stato inaccettabile raccontare un giornalista provetto di 26 anni, realmente esistito, coi toni di un Maurizio Merli, integerrimo commissario di polizia senza macchia e senza paura. Il Giancarlo Siani di Marco Risi non ha nemmeno troppa paura; è una persona normale, normalissima, anche piuttosto banale e vanesio nei suoi tiremmolla sentimentali con la fidanzata (altro clichè da poliziottesco; il personaggio femminile accessorio, assolutamente inutile ai fini della narrazione, che però qui, pur non avendo più spazio del solito, non appare fuori posto). Niente più di un giornalista che vuol fare il suo mestiere e poi, consegnato l`articolo, portare la fidanzata al concerto di Vasco Rossi. Un trionfo di banalità  borghese, che si muove in un contesto di feroci camorristi da operetta. Marco Risi cede al didascalico solo nella figura lacrimosa dell`amico tossicodipendente, ma, anche in quella sezione narrativa, restando fedele al comandamento di “non esagerare”.

Il risultato, perciò, è qualcosa di estremamente convenzionale, ma anche di mai visto. Un miscuglio di stili narrativi, lontanissimo da qualsiasi intenzione di “postmoderno”, che incredibilmente trova però un suo equilibrio. Un cinema civile/poliziottesco assai umano e credibile, che non cerca smaccatamente l`indignazione etica su basi ideologiche, nè la commozione per una vita interrotta dalla violenza. Semmai, cerca, in modo sobrio e contenuto, la commozione per una vita vissuta.