Il suono della povertà

Francesco Cerasi dona note struggenti e tese a Gli equilibristi di Ivano De Matteo raccontando la sorda disperazione dei nuovi poveri.

Tra i film italiani più apprezzati a Venezia, Gli equilibristi di Ivano De Matteo racconta il dolore sordo e apparentemente senza scampo delle nuove forme di povertà, che la crisi – ma non solo – porta con sé. Ad arrotondare e acuire il senso emotivo del film ci pensa Francesco Cerasi, giovane compositore, abituale musicista per Eugenio Cappuccio qui alle prese con un lavoro più delicato e allo stesso tempo più intenso.
La partitura di Gli equilibristi infatti è praticamente giocata sul pianoforte – con lievi accenni orchestrali a rendere più emotive le melodie e i riverberi -, su echi indie (nell’uso delle chitarre) che assecondano lo stile registico di De Matteo e sulla presenza di temi forti che vanno a variarsi e intrecciarsi nella descrizione di una famiglia allo sbando.

L’apertura col Mondo di Giulio e il piano solo del Tema degli equilibristi dà perfettamente l’idea del tono complessivo dello score che però Cerasi evita di rendere monotono grazie alla cura timbrica del brano Mercati, alla variazione per archi di Es 2, alla tensione di Bagno pubblico. Senza momenti di sole, come invece la canzone presente sui titoli di coda (ma non nel cd), la colonna sonora dà il meglio quando riesce ad amalgamare i suoi vari elementi, come nel Finale o nelle versione completa dei brani presentati in apertura, Giulio e il mondo e il tema principale.
Cerasi dimostra una certa maturità compositiva anche se la sua idea di musica per film pare molto legata a una concezione classica, divisa per temi e leit motiv, restii a essere variati oppure a trasformarsi nel corso dell’evoluzione della pellicola. E’ però un peccato veniale che soprattutto il tempo e l’esperienza, magari con registi più arditi e ambiziosi, potranno limare.