Il tempo di Claude Pinoteau

Scompare a 87 anni Claude Pinoteau, autore del trittico de Il tempo delle mele, enorme successo anni '80. Lanciò Sophie Marceau e Isabelle Adjani.

Spesso i film sono meglio ricordati per se stessi che per i loro autori. Si ricordano gli attori; i registi decisamente meno. E’ un po’ il caso di Claude Pinoteau, autore anche poco prolifico, che tuttavia dette vita a uno dei più grandi successi del cinema francese, il “falso trittico” de Il tempo delle mele (1980, 1982, 1988). Falso, perché in realtà il terzo capitolo, titolo originale L’Etudiante, presentava lo stesso autore e la stessa protagonista, Sophie Marceau, ma non aveva niente a che fare con i due film precedenti. Solo il distributore italiano ebbe l’idea “geniale” di rititolare il film Il tempo delle mele 3 per tentare di acchiappare il grande pubblico. E fu un fallimento, vuoi perché i tempi erano rapidamente cambiati e alle favolette adolescenziali o post-adolescenziali nessuno era più interessato, vuoi perché il terzo, involontario capitolo era assai meno ruffiano dei precedenti.

A cavallo tra anni ’70 e ’80 il cinema francese non era molto abituato all’idea del blockbuster. E probabilmente Il tempo delle mele non aveva nemmeno l’intenzione di trasformarsi in un successo internazionale di tale portata (in Italia, soprattutto, si scatenò una vera mania). Anche perché si trattava di una commedia decisamente esile, in cui le paturnie di crescita di una ragazzina erano raccontate con tutte le ruffianerie e luoghi comuni possibili, a partire dalla canzone portante, “Reality” di Richard Sanderson, di cui non ci siamo più liberati, specie nei bar-karaoke. Però Pinoteau compì due sagge scelte: la protagonista, un’esordiente Sophie Marceau destinata poi a una carriera di diva a intermittenza (piuttosto lunghe sono infatti le sue assenze dallo schermo), e il racconto parallelo di una crisi coniugale dei suoi genitori, gli ottimi Claude Brasseur e Brigitte Fossey, che solleticava il tema molto dibattuto all’epoca della crisi dell’istituto familiare. E, da francese serio e penetrante, Pinoteau rinunciò coraggiosamente al lieto fine, scegliendo anzi un rapido “mutar di sentimenti” molto significativo nell’età della protagonista. Nel secondo capitolo invece Pinoteau lasciò esplodere il breve mito per ragazzine di Pierre Cosso, che attualmente pare sia diventato un lupo di mare in solitaria circumnavigazione del pianeta. Due enormi successi che in pratica hanno riempito da soli la carriera di Pinoteau. In tal senso, però, è forse interessante riscoprire un suo film precedente, Lo schiaffo (1974), che si muoveva un po’ sulle stesse coordinate: il lancio di una giovanissima attrice, Isabelle Adjani, e un contesto di conflitti generazionali, incarnati dai genitori Lino Ventura e Annie Girardot. Gli altri film di Pinoteau hanno avuto costanti difficoltà ad arrivare sul nostro mercato, sia prima che dopo la sbornia di Il tempo delle mele. Ulteriore conferma che dell’autore di un tale successone a pochi interessava. Era più facile sfruttare sul mercato i nuovi film dei neo-divi Sophie Marceau e Pierre Cosso, piuttosto che affidarsi al nome sconosciuto di chi li aveva diretti. Carneade, chi era costui, dunque? Un regista, che quantomeno ebbe in due occasioni un ottimo fiuto per il pubblico.

MASSIMILIANO SCHIAVONI