Il Torino Film Festival alla sfida dei trent’anni

Oltre 70 opere prime e seconde, la retrospettiva a Joseph Losey e tanto cinema per continuare nell'opera trentennale che caratterizza l'identità e il prestigio internazionale della kermesse piemontese.
Intervista a Gianni Amelio, direttore del Torino Film Festival

Clima teso alla conferenza stampa del Torino film festival (23 novembre – 1° dicembre) tenutasi stamane alla Casa del cinema di Roma, a pochi giorni dalla partenza del festival capitolino che nessuno voleva con date così concomitanti. Il direttore Gianni Amelio parla subito del suo orgoglio per un’edizione ricca e caratterizzata da un cinema che definisce: “Dell’avvenire e non solo del futuro e soprattutto non plastificato di modernità”. In vista del trentennale che festeggerà quest’anno, il festival continua a mantenere la sua attenzione per il cinema giovane di ricerca e di scoperta, presentando 16 opere prime e seconde nel concorso ma ben 75 sparse per tutte le altre sezioni: Festa mobile, Rapporto confidenziale, Torino XXX, Italiana.corti, Onde, Spazio Torino; opere e autori spesso per la prima volta in Europa e Amelio precisa: “Trovo davvero bello e importante che tali registi partano con il loro percorso artistico proprio da Torino”. Grande è poi l’attenzione anche al cinema italiano che Amelio, con accanto tutto il suo staff di collaboratori più stretti, dalla vice-direttrice Emanuela Martini a Davide Oberto (curatore delle sezioni di Internazionale.doc, Italiana.doc e Italiana.corti) e Massimo Causo (curatore della sezione Onde) – difende fortemente ricordando che i 3 autori italiani del concorso – Mario Balsamo con Noi non siamo come James Bond, Gipi di Smettere di fumare fumando e Giovanni Columbu con Su re – hanno considerato Torino la loro prima scelta sapendo che il festival non li avrebbe fagocitati (e a tal proposito Amelio ricorda con grande soddisfazione la scelta di aver inserito La bocca del lupo di Pietro Marcello in concorso nel 2009. Il film iniziò da Torino una sua vita per i festival più importanti del mondo, per poi trovare anche l’uscita in sala). Secondo motivo d’orgoglio per il direttore – che da marzo 2013 sarà impegnato sul set del suo nuovo film L’intrepido – è quella di aver dato davvero il massimo nei quattro anni del suo mandato con un budget che non arriva ai due milioni di euro (un sesto rispetto a quello di Roma).

Oltre agli ormai consolidati premi – Gran Torino che sarà assegnato a Ken Loach e a Ettore Scola – è il programma ovviamente il vero cuore del festival, a partire dal concorso con film che quest’anno racchiudono tematiche molto legate ai nostri tempi e alla crisi economica e sociale che stiamo vivendo: Id di Kamal K.M. dall’India, Shell di Scott Graham dall’Inghilterra. Degli adolescenti sono protagonisti sia di Am Himmel der tag di Pola Beck, in cui la vicenda è incentrata sulla scelta importante che dovrà prendere una giovane, sia Call girl di Mikael Marcimain che immagina due quattordicenni nella Stoccolma del 1976. Spazio anche per Arthur Newman dell’americano Dante Ariola con Colin Firth e Emily Blunt impegnati in una storia amara di redenzione. Poi Emanuela Martini introduce la sezione pop: Festa mobile, presentando innanzitutto i film di apertura e di chiusura: la commedia Quartet di Dustin Hoffman che gioca in tono ironico sulle paure della vecchiaia, Ginger & Rosa di Sally Potter che è l’evento di chiusura del festival e vede l’autrice impegnata in una storia con tratti autobiografici con protagonisti due adolescenti nate il 6 agosto – giorno del lancio della bomba su Hiroshima – e cresciute inseparabili nella Londra degli anni ’60. E poi, sempre in Festa mobile, un film che Emanuela Martini definisce un lungometraggio “Pop e davvero fuori di testa”: Anna Karenina di Joe Wright dove il dramma di Tolstoj trova una nuova rilettura colorata e rivitalizzata.

Emanuela Martini è anche la curatrice dell’importante retrospettiva dedicata a Joseph Losey che negli anni ’70 era un autore considerato impegnato e stilisticamente innovativo come Michelangelo Antonioni e Ingmar Bergman e che passò anni davvero molto tragici durante il periodo del maccartismo. Lasciò l’America e non vi fece più ritorno, usò nomi falsi per firmare i suoi lavori (Andrea Forzano, Victor Hanbury, Joseph Walton) perché le sue pellicole non potevano essere distribuite. A Torino sarà possibile visionare la sua intera opera ricca di thriller e noir che sono una lettura molto efficace della società a lui contemporanea, a partire dal magnifico trittico realizzato al fianco di Harold Pinter (Il servo, L’incidente e Messaggero d’amore).

Davide Oberto curatore da anni della sezione Italiana.doc annuncia anche la neonata macro-sezione TFF doc che raccoglierà tutto il cinema documentario presentato al festival, con la volontà di presentate: “tutto quello che crediamo dovrebbe essere il cinema più audace”. Suscitano interesse, a latere, alcuni incontri sempre curati da Oberto e racchiusi nello spazio dal titolo documenti che prevederanno proiezioni e discussioni sul cinema, da Franco Maresco che parlerà del suo film ancora incompiuto su Berlusconi (Signo’ Belluscone…dica) a un omaggio a Carmelo Bene con la proiezione-installazione di tutti i giornalieri di Nostra signora dei turchi (ben 690 minuti!). Massimo Causo conclude la conferenza parlando di Onde che mai come quest’anno sarà caratterizzata da film diversi per formati, linguaggi e tecnologie e che ospiterà un gradito quanto atteso omaggio, dedicata al regista portoghese Miguel Gomes, il cui ultimo film al Festival di Berlino, Tabu, ha imposto il suo nome come quello di uno dei cineasti europei più interessanti del momento.