Michael Winner oltre il Giustiziere

Portò al successo il (purtroppo) famoso personaggio di Charles Bronson. Ma dietro al fiuto per il box office si nascondeva un misconosciuto autore del Free Cinema britannico.

Michael Winner andrebbe studiato, indagato nelle pieghe della sua personalità, per comprenderne fino in fondo il percorso artistico. Sarebbe necessario forse conoscere un po’ più a fondo l’uomo, pubblico e privato, e magari la sua vita e la sua carriera potrebbero rivelare allora le ragioni di una traiettoria professionale zigzagante e imprevedibile. Da un lato, si può liquidare facilmente la sua filmografia composita, quasi schizoide, come il semplice assemblaggio di un gregario pronto a girare qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Un professionista legato al mestiere e nient’altro, come ce ne sono a centinaia. Dall’altro, però, poi si scopre che aveva contribuito nel 1984 alla creazione a Londra della Police Memorial Trust, organizzazione atta a raccogliere fondi per erigere monumenti commemorativi agli agenti di polizia caduti sulla strada. Niente da eccepire, e d’altronde dall’autore dei primi tre Il giustiziere della notte con Charles Bronson ce lo saremmo pure aspettati. Ed ecco che per l’appunto una delle serie cinematografiche più deplorevoli della storia del cinema non appare più a ben vedere come un’occasione professionale colta al volo da un buon mestierante impersonale, bensì come una probabile scelta ponderata. O quantomeno, possiamo affermare che quei film, purtroppo molto fortunati al botteghino, avevano lasciato a posteriori un segno indelebile sul loro autore. Comunque sia andata, Michael Winner scompare a 77 anni lasciando dietro di sé questa sorta di mistero, che magari potrebbe servire da ottimo materiale per un futuro biopic da “giallo dell’anima”. Come ha potuto un buon rappresentante del cinema britannico della Swinging London anni ’60 e ’70 trasformarsi nell’autore del becero e guerrafondaio Giustiziere? Alcuni dei suoi primi film, girati nelle libertà londinesi di quegli anni, sono più o meno inediti da noi, ma almeno Il complesso del sesso (1967) con Orson Welles e I ribelli di Carnaby Street (1967) ebbero una buona visibilità e godono di un loro culto.

Poi Winner iniziò a dedicarsi a coproduzioni e a Hollywood, collezionando titoli di tutto rispetto come I formidabili (1970) o Improvvisamente un uomo nella notte (1971) con Marlon Brando, sorta di prequel ai fatti narrati in “Giro di vite”, strepitoso racconto-mystery di Henry James. Tuttavia già in due film girati con Burt Lancaster è possibile riscontrare un progressivo interesse di Winner per il noir e per l’eroe vendicativo e solitario. Si tratta di Io sono la legge (1971), esempio di western tardivo in cui la violenza iniziava a farsi plumbea, e Scorpio (1973), bel noir gelido e spietato, che affianca a Lancaster nientemeno che Alain Delon e Paul Scofield. Infine, l’incontro a suo modo epocale con Charles Bronson, avvenuto già per il western Chato (1972) e Professione assassino (1972) – nonostante il titolo italiano, il film non ha niente a che vedere con la saga del Giustiziere. Nel 1974 Winner è assoldato da Dino De Laurentiis per la trasposizione di un discusso romanzo, “Death Wish”. E così la saga del vendicativo Paul Kersey ha inizio. Il successo fu enorme, e ciò costituisce di per sé ottima materia di riflessione. I ’70 sono stati anche anni di profonda sfiducia e disillusione nelle istituzioni, e il successo popolare riconosciuto alle gesta fascistoidi di Charles Bronson stanno a testimoniarlo. L’ideologia dell’eroe solitario al di sopra di tutti, psicotico o “normalizzato”, guardato con distacco o con partecipazione, ha imbevuto di sé molto cinema americano e non (basti pensare a Taxi Driver, a Un borghese piccolo piccolo, al poliziottesco all’italiana e a tutte le sue derive). Perciò Winner ebbe (purtroppo) buon naso, e in mezzo a tanto trucidume riuscì pure a girare uno dei migliori adattamenti da Raymond Chandler per il cinema, quel Marlowe indaga (1978), remake de Il grande sonno con un Robert Mitchum attempato. Peccato che l’ondata del Giustiziere abbia sotterrato tutto quel che di buono Michael Winner ha fatto. Magari, in occasione della sua scomparsa, qualcosa sarà riscoperto.

MASSIMILIANO SCHIAVONI