Bigas Luna: dopo il regime, il diluvio

A 67 anni scompare uno dei più noti provocatori del cinema spagnolo post-franchista. Tra i suoi titoli Le età di Lulù, Prosciutto prosciutto e (purtroppo) Bambola con Valeria Marini.

Dall’ex-Spagna franchista arrivavano venti provocatori a cavallo tra anni ’70 e ’80. Da sempre terra di sanguigna sensualità, il paese iberico usciva dal lungo letargo puritano di Francisco Franco portandone ancora i segni, ma lasciando esplodere fenomeni artistici e di costume in linea con la ritrovata libertà. Una nuova etica; una nuova etica sessuale, anche. Uno dei paesi in cui il movimento omosessuale, ad esempio, iniziò a imporsi con maggiore forza in quelli che resteranno gli epocali anni Ottanta spagnoli (di recente rimpianti in Gli amanti passeggeri, ultima fatica di Pedro Almodovar). Anche per il cinema spagnolo si tratta di un momento d’oro, che lo spinge alla conquista di una visibilità e un apprezzamento internazionali forse mai provato prima. Di quella generazione gli autori tradizionalmente più ricordati sono Almodovar e Bigas Luna, scomparso oggi a soli 67 anni. Entrambi grotteschi, entrambi provocatori, entrambi sessualmente oltranzisti, con la differenza che se da un lato Almodovar si è progressivamente avvicinato a una propria rilettura dell’accademismo, Luna è rimasto fortemente legato fino in fondo alla sua vena sarcastica. Con esiti estetici talvolta ben peggiori del collega connazionale, senza dubbio, ma se non altro fedele a una linea ruspante e vagamente trucida. Tutti ricorderanno gli ululati per la presentazione al Festival di Venezia di Bambola (1996) con Valeria Marini. Ululati più che meritati per uno dei film oggettivamente più brutti che la storia del cinema possa ricordare. Eppure, anche quel bassissimo punto nella carriera di Luna, dal quale non riuscirà praticamente più a risollevarsi, costituisce una testimonianza in ambito “degradato” della sua poetica. Erotismo e grottesco, provocazione e senso sociale. Se da un lato l’intrigo da tragedia greca di Prosciutto prosciutto (1992), Leone d’Argento a Venezia, si trasforma in attacco sociale contro il capitalismo che trasforma in oggetti di commercio uomini e simboli fallici, dall’altro il celebratissimo Le età di Lulù (1990), che lanciò la nostra Francesca Neri, si delinea come una tappa tanto discutibile quanto ineludibile nelle provocazioni spagnole su erotismo e formazione identitaria.

Così come meriterebbe un recupero Uova d’oro (1993), commedia erotico-sociale stavolta virata al maschile, tra i primi ruoli da protagonista per Javier Bardem. Si tratta senz’altro di un cinema con enormi alti e bassi, di cui sarebbe interessante recuperare le prime uscite, ancora più estreme e scardinanti, come La chiamavano Bilbao (1978), Caniche (1979) o Lola (1986). E’ inoltre da ricordare il costante rapporto con il nostro cinema, che vide Bigas Luna scegliere tra le nostre migliori e peggiori attrici. La già citata Francesca Neri, Stefania Sandrelli, Anna Galiena da un lato: Valeria Marini dall’altro. D’altro canto, anche molte delle stelle dell’attuale cinema spagnolo hanno iniziato lavorando con lui. Javier Bardem, Jordi Molla, e soprattutto Penelope Cruz, erotico oggetto del contendere, appena diciottenne, in Prosciutto prosciutto. Film che all’epoca della sua uscita, come sempre, provocò profonde spaccature nella critica, ma che rivisto oggi costituisce forse il compendio migliore del cinema di Bigas Luna.

MASSIMILIANO SCHIAVONI