Vita da non morire mai

Un delicato documentario sul tema ostico della malattia e della morte, che si tramuta in un malinconico inno alla vita. Al Festival di Lecce, per la sezione "Cinema e Realtà". La nostra intervista alla regista Silvana Maja.
Intervista a Silvana Maja, regista di Vita da non morire mai

Storie di corpi. Dopo il lusinghiero successo di critica di Ossidiana (2007), Silvana Maja ha presentato al Festival del Cinema Europeo di Lecce, per la sezione “Cinema e Realtà”, Vita da non morire mai, un delicato documentario sulla storia di tre donne colpite da tumore al seno. Per una di loro, dopo ben nove ricadute, il tumore si è tramutato purtroppo in scomparsa. Per le altre due, dopo lunghi anni di chemioterapia, il pericolo sembra scongiurato, ma sempre in un’ottica di controllo costante per il resto della loro vita. Le tre donne sono amiche o parenti dell’autrice, e questo ha senz’altro favorito un rapporto di estrema confidenza tra la filmmaker e le storie narrate. Si tratta di un pedinamento umano che si è protratto per diversi anni, tramite il quale Silvana Maja ha soprattutto raccontato le vicende di corpi umani nel senso più ampio possibile. Corpi fatti cioè di sguardi, pensieri, entusiasmi, scoramenti, e solo in ultima analisi di cellule.

Film estremamente franco e sincero, Vita da non morire mai colpisce soprattutto per il suo approccio, determinato da scelte autoriali frutto di quella particolare alchimia “cooperativa” che si crea sempre in ambito documentario tra filmmaker e figure umane narrate. Tanto franche e piene di vita le sue tre donne, quanto cauta e discreta l’autrice. Un inno alla vita, che si esprime tramite una delle esperienze più tragiche e dolorose per l’essere umano.

MASSIMILIANO SCHIAVONI