Alice in Wonderland

04/03/10 - La visionarietà di Tim Burton si lega al compromesso dell’estetica della committenza disneyana...

Nel Paese delle banalità

04/03/10 – La visionarietà di Tim Burton si lega al compromesso dell’estetica della committenza disneyana. Un’affermazione dura, per certi versi dolorosa da fare, ma essenziale per capire il vero significato di questo film e di alcuni dei suoi limiti artistici. L’attesissima versione burtoniana di una delle opere più complesse e sottovalutate della letteratura britannica ottocentesca, non è una versione fedele ai due testi di Lewis Carroll, Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio, ma una sua libera commistione. L’inquietudine, l’ambiguità di alcuni tratti narrativi tipici del regista ci sono e sono sempre affascinanti nel loro gioco auto-compiaciuto, complici certi sottotesti culturali ed estetici di rimando. Al contempo, però, si mescolano ad un più tradizionale racconto fantastico infarcito degli stereotipi tipici della suddetta casa di produzione, che quasi sessant’anni fa, nel 1951, ne aveva già realizzato la bellissima versione animata e musicale, rivelatasi un flop commerciale, ma impeccabile elemento del suo classicismo e quindi divenuta successivamente un cult. Lasciando correre sulla totale inutilità dell’uso del 3D, sviluppato per una mera funzione commerciale, da una prospettiva meramente tecnica questa pellicola perde la sua magia a causa di un eccessivo ed evidente uso dell’animazione computerizzata e lascia presagire un ossimoro tragico: i personaggi di quel mondo fantastico appaiono “finti”, spenti, poco credibili nella loro funzione narrativa e legati ad un’estetica fatta per la funzione del futuro merchandising.

Alice in wonderlandBurton questa volta ci propone una Alice più matura, quasi adulta, che si deve confrontare con i comportamenti e le aspettative di una società perbenista circa il suo ruolo di donna. Non più una bambina, quindi, ma una giovane donna determinata ad affermare se stessa e i suoi diritti femminili nell’Inghilterra vittoriana e maschilista (contraddizione storica per eccellenza considerato che era una donna a governare l’impero britannico), che arrivata in questo paese delle meraviglie rimane però troppo razionale, troppo legata a una concezione pragmatica del suo ruolo nel mondo reale e priva degli elementi del non-sense al quale volutamente lei stessa e tutto ciò che è attorno a lei rappresenta. La lotta tra il bene e il male è sempre il perno principale della questione, ma le sfumature sono ben rappresentate dalle due sorelle che si contendono il regno, la brutale e sanguinaria Regina Rossa e la buona, eppure inquietante, Regina Bianca. Il cast certo funziona, ma alla sempre più cartoonistica immedesimazione dell’icona burtoniana per eccellenza, Johnny Depp (le signore non se ne abbiano a male), nelle vesti del cappellaio matto, o alla leziosissima Regina Bianca – irritante come lo sono sempre le principesse buone, belle e smielate- di Anne Hathaway, piacerebbe scommettere sul talento di Mia Wasikowska, nelle vesti di un’inedita Alice femminea, già ampiamente comprovato nell’amata prima stagione della serie “In Treatment”. Poi ci sono la Regina Rossa ed Helena Bonham Carter: loro meritano un discorso a parte. La prima, perfetto essere roboante e malvagio che, però, cattura il cuore dello spettatore a causa della sua incapacità di accettare se stessa e la sua deformazione, la seconda che si rende complice della prima per la sua straordinaria prova recitativa, rivelatasi perfetto esempio iconografico del male, impreziosito da Burton con riferimenti culturali molto interessanti e legati fra loro – ovvero il sanguinario contesto della dinastia Tudor, in particolare di Elisabetta I a cui la Regina Rossa “ruba” il make-up e lo spirito dell’intramontabile Bette Davis, che la interpretò per ben due volte, nel 1939, ne “Il conte di Essex” e nel 1955 ne “Il favorito della grande regina”. Burton in sostanza non ha il coraggio di essere se stesso, ma bisogna anche ammettere che ce la mette tutta per non tradire se stesso dalle regole della “ragion di stato” del colosso produttivo.

(ERMINIO FISCHETTI)

Titolo originale: Alice in Wonderland
Produzione: USA, 2010
Regia: Tim Burton
Cast: Mia Wasikowska, Johnny Depp, Helena Bonham Carter, Anne Hathaway, Crispin Glover, Matt Lucas, Michael Sheen, Alan Rickman, Stephen Fry, Barbara Windsor, Michael Gough, Christopher Lee, Paul Whitehouse, Timothy Spall
Genere: fantasy
Durata: 110’
Distribuzione: Buena Vista Italia
Data di uscita: 3 marzo 2010

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