C’è chi dice no

06/04/11 - Un'idea sovversiva diventa un film incerto per toni e misure. Giambattista Avellino dirige Argentero, Cortellesi e Ruffini.

Ascolta le interviste di RADIOCINEMA ai protagonisti del film:

  • il regista Giambattista Avellino
  • l’attore Luca Argentero
  • l’attore Paolo Ruffini
  • Giorgio Albertazzi
  • Altra commedia, altro giro di osservazioni. Questa volta tocca a C’è chi dice no di Giambattista Avellino, scritto insieme a Fabio Bonifacci (Amore, bugie & calcetto, Diverso da chi?, Si può fare), il film è prodotto dalla Cattleya e sarà distribuito in 320 copie dalla Universal. La vicenda vede tre trentenni che lavorano in campi diversi (università, giornalismo e sanità pubblica) ugualmente alle prese con i raccomandati che gli passano sempre davanti. Da qui la reazione fatta di attacchi incrociati, dispetti e vari atti di “pirataggio”.

    Di nuovo, come è già successo per altre commedie italiane recenti (vedi Figli delle stelle che ha un plot non troppo dissimile da C’è chi dice no), anche qui si ha l’impressione che non si sia andati fino in fondo cedendo a certa “immaturità” dei personaggi da un lato (il gioco del Subbuteo quale esempio di comunione perfetta del trio) e a certo sentimentalismo dall’altro (le liason di Argentero con le protagoniste femminili occupano uno spazio decisamente eccessivo); cadendo in un buonismo di fondo e all’imperativo della storia d’amore che non possono che cozzare con quella che avrebbe dovuto essere la spinta propulsiva del film: mettere alla berlina il disgustoso mondo dei raccomandati. Ma in C’è chi dice no si ha anche l’impressione di assistere a una difficoltosa costruzione del mondo narrativo, laddove tre dei tanti focolai della raccomandazione italica (giornalismo, università e sanità, per l’appunto) si diramano in altrettante storie ora parallele ora coincidenti per un incastro che non sempre funziona, con un cascame di personaggi secondari a volte non utili al discorso. Sembrano ad esempio fuori contesto i due poliziotti che indagano controvoglia sul caso dei “pirati del merito”, descritti con un macchiettismo datato e sostanzialmente non necessari al tema principale del film (a meno che gli stessi tutori dell’ordine non avessero deciso di portare fino in fondo l’ipotesi di farsi raccomandare).

    Suscita dei dubbi anche la scelta di ambientare il film a Firenze, prima di tutto per il dialetto che si trovano costretti a usare Argentero e la Cortellesi e secondo poi per l’inevitabile riferimento che si finisce per fare con Amici miei e con tutta la tradizione dello “scherzo” toscano. Proprio perché la meccanica della raccomandazione riguarda l’Italia intera, l’avere ambientato a Firenze una storia in cui qualcuno si ribella a tale ingiustizia – e l’aver deciso di non spingere troppo nel pirataggio – fa sì che tutto finisca in burla limitando la portata politica del film. Ci sono senza dubbio dei momenti forti (la Cortellesi che viene lasciata dal compagno all’inizio del film perché, senza un contratto vero, non può permettersi di avere un figlio; la ragazza che perse ingiustamente un concorso tanti anni prima e ora è finita chissà dove), ma paradossalmente vanno individuati negli affondi drammatici, proprio perché la commedia non riesce a farsi satira.
    Nel vedere C’è chi dice no ci si arrabbia giustamente per le ingiustizie cui assistiamo, ma ci si arrabbia anche perché si poteva fare di più.

    ALESSANDRO ANIBALLI

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