Hotel Lux

30/10/11 - Un luogo simbolo della storia del '900 raccontato in una commedia che irride le dittature di Stalin e Hitler con toni brillanti e raffinate atmosfere rétro.

Dalla nostra inviata CATERINA GANGEMI

Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA a:

  • Il regista Leander Haussmann
  • Un albergo decadente nel centro di Mosca, sormontato dall’insegna rutilante di una stella rossa: è l’Hotel Lux, quartier generale del Comintern e crocevia di rifugiati politici e militanti di ogni sorta. A questo luogo eccentrico e pittoresco, decisivo e simbolico della vita politica sovietica del Novecento (per il quale transitò anche Palmiro Togliatti) quanto pressocché sconosciuto ai più, è dedicato Hotel Lux, insolita commedia diretta dal tedesco Leander Haussmann, presentata in concorso alla sesta edizione del Festival Internazionale del Film di Roma. Ambientato nella Berlino nazista del 1938, il film racconta la storia del comico Hans Zeisig, mattatore della vita notturna cittadina col suo spettacolo di cabaret “The Stalin/Hitler show” interpretato in coppia con il collega di origini ebraiche Siegfried Meyer, rispettivamente nei panni del dittatore sovietico e di quello tedesco. Sarà proprio la lealtà verso l’amico, unita all’infatuazione per un’attivista del partito comunista a condurlo nel famigerato albergo, dove si troverà, questa volta suo malgrado, oggetto di uno scambio di persona dagli esiti a dir poco rocamboleschi.

    “Siamo partiti da un luogo molto noto ma del quale sapevo poco – ha dichiarato il regista in conferenza stampa – perciò ho dovuto svolgere parecchie ricerche prima di iniziare a lavorarci sopra. Il passo successivo è stato costruirci intorno una storia che fosse in grado di coniugare il lato comico con quello drammatico, così si è arrivati a questa idea, con il personaggio che nel momento di difficoltà, anziché raggiungere un posto sicuro come l’agognata Hollywood, finisce da tutt’altra parte”. “La storia dell’uomo sbagliato nel posto sbagliato”, per dirla con le parole di Haussmann, servita su una commedia brillante che sdrammatizza l’orrore dei regimi mettendone alla berlina il lato più ottuso e ridicolmente magniloquente – nelle intenzioni dell’autore con l’obiettivo di smontare il lato eroico e terrificante del cattivo, in questo caso Stalin – in uno stile d’epoca che riecheggia alla perfezione le atmosfere raffinate alla Lubitsch e i toni forti, quasi fumettistici, dell’hard boiled/pulp hollywoodiano. E non è un caso che tra le influenze dirette, accanto a quello del regista di Ninotchka e Billy Wilder, Haussmann abbia citato proprio il nome di Tarantino.

    Ma l’aspetto più peculiare della pellicola, che ha il pregio di sostenere con vivacità i toni leggeri, quasi favolistici della vicenda, è il suo giocare con arguzia sul metalinguaggio attraverso la corrispondenza tra le dinamiche del vaudeville e quelle di una sorta di spy story costruita appunto sul travestimento e la mistificazione. E decisiva si è rivelato per la riuscita del mélange, la performance degli interpreti e in particolare del protagonista, il poliedrico Michael Bully Herbig, popolarissimo in Germania, pienamente a suo agio in un ruolo che gli ha permesso di sfoggiare tutta la sua versatilità di showman. Tanto che lo stesso Haussmann, ha sintetizzato così la sua opera: “Nonostante le gag e l’umorismo incalzante, Hotel Lux non è una commedia slapstick ma, all’opposto, psicologica nel suo proporsi di tracciare un percorso plausibile che possa coinvolgere e stimolare l’identificazione da parte dello spettatore: e in questo il lavoro degli attori sui ruoli è stato impeccabile”.