E ora dove andiamo?

11/01/12 - Vicenda al femminile sulla stupidità della guerra, il film esce il 20 gennaio e punta all'Oscar. Come ci ha raccontato la regista, Nadine Labaki.

Dalla nostra inviata Lia Colucci

Ascolta l’intervista di RADIOCINEMA a cura di Erminio Fischetti alla regista e interprete:

  • Nadine Labaki
  • Alla 64esima edizione del Festival di Cannes fu una delle poche testimonianze di cinema al femminile nella pur ampia selezione della kermesse. E adesso, distribuito da Eagle Pictures, esce in sala E ora dove andiamo?, diretto da Nadine Labaki, che proprio a Cannes nel 2007 raggiunse la notorietà con il suo film-rivelazione Caramel. Stavolta la regista e interprete libanese presenta, sullo sfondo delle guerre religiose, una favola con al centro un piccolo paese tagliato fuori dal mondo da un conflitto inutile. In questo minuscolo pezzo di terra anche la televisione è venuta meno e sia cristiani che musulmani vivono pacificamente nello stesso posto. A dividerli solo i luoghi di culto ed il cimitero, stracolmo di padri, figli e mariti vittime anche loro delle assurdità umane. Ma se è vero che in guerra e in amore ogni mezzo è lecito, le donne del villaggio si impegnano affinchè non vi siano nuove morti tra i loro amici, parenti e paesani.

    La Labaki tratta un tema drammatico passando dal musical all’ironia fino all’immancabile tragedia, che si veste della morte di un adolescente la cui madre è costretta a celare il cadavere per non accendere i focosi spiriti degli uomini del villaggio. Una sensibilità tutta al femminile di una donna che ama le donne e ama rappresentarle, ma anche lo sguardo su una realtà dove l’universo maschile viene vissuto come infantile e quindi pericoloso. In questo caso la religione è solo un alibi per spiegare, per raccontare la difficoltà di vivere in un paese difficile e tormentato da numerose battaglie (non a caso si tratta del Libano). La domanda retorica che è nel titolo ma aleggia su tutta la pellicola sembra non avere nessuna risposta. E forse non ce l’ha. Probabilmente una spiegazione se esiste è nell’arte, nel bene, nel bello e anche nell’ironia. La tragedia del vivere può essere stemperata – insegna la regista – anche attraverso la musica consegnata in questo caso nelle mani del marito di Nadine, Khaled Mouzanar, musica che incide in maniera molto efficace su tutta la narrazione.

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