Quasi amici

21/02/12 - Musiche di Einaudi e due eccellenti protagonisti, per il film basato sui contrasti culturali, campione d'incassi in Francia. Con lo stereotipo dietro l'angolo.

Ascolta le interviste di RADIOCINEMA a:

  • i registi Olivier Nakache e Éric Toledano
  • l’attore Omar Sy
  • il compositore Ludovico Einaudi
  • Come sempre, i nostri cugini d’oltralpe ci dimostrano di poter fare incassi straordinari con commedie che non hanno per forza il sesso come tema principale. È il caso di Quasi amici, commedia – basata su una storia realmente accaduta – alle vette dei box office internazionali e candidata a ben nove premi César, che racconta con un umorismo, certo spesso un po’ grossolano, ma a volte anche delicato, il rapporto fra un aristocratico paraplegico e il suo badante di colore nella Parigi contemporanea fatta di pregiudizi, razzismo e tantissimi problemi di ordine sociale e politico. Forse il punto di partenza della storia lo può descrivere bene il titolo originale della pellicola di Éric Toledano e Olivier Nakache, Intouchables, ossia intoccabili, come i due protagonisti vittime degli sguardi, diversi a seconda dei casi, della gente a causa di quello che sono, un immigrato e un uomo in carrozzella.

    Una pellicola dai toni tradizionali basata banalmente su una comicità che gioca sui contrasti sociali (la ricchezza e il lusso contro la povertà e la periferia) e culturali (la musica, l’arte e la pittura) e dunque sugli stereotipi del cinema borghese, ma che riesce anche con molta sensibilità a portare a galla il tema sociale senza farlo diventare il punto focale della storia. Anzi, tale elemento tende a rimanere marginale, sullo sfondo, e la pellicola resta alla fine tutta avviluppata nei dialoghi e nell’ironia dei due personaggi che, pur basandosi su un meccanismo narrativo lungamente abusato, funziona però fino a un certo punto. Perché a lungo andare il rapporto fra i due diventa ridondante, mentre l’iniziale tono politicamente scorretto fa retromarcia verso il meccanismo di quelle opere che nascondono l’ipocrisia e la correttezza in un doppio fondo. Con tanto di finale al limite dell’utopia. Oltre a un impianto eccessivamente tradizionale, la regia non ha guizzi – salvo la sequenza iniziale dinamica e ritmata in split-screen, che dà un po’ di tono – e le interpretazioni magistrali dei protagonisti, quella volutamente asciutta di François Cluzet e quella da cabarettista di Omar Sy. La musica è base narrativa della pellicola, sempre giocata sui contrasti culturali, tra Vivaldi, Schubert e gli Earth, senza dimenticare melodie malinconiche per accompagnare le parti drammatiche, dove la colonna sonora di Ludovico Einaudi (notevole) supplisce alle manchevolezze del copione. Da personaggi secondari tutt’altro che brillanti, agli stereotipi sulla complicità umana dei due protagonisti, a una costruzione complessiva che – come detto – non brilla per originalità (e ricorda, tra gli altri, La teoria del volo di Paul Greengrass, brutta pellicola del 1998 con Kenneth Branagh e Helena Bonham Carter), non bisogna però dimenticare che Quasi amici resta sicuramente superiore a una commedia commerciale nostrana.

    ERMINIO FISCHETTI

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