Mildred Pierce

02/09/11 - In occasione della presentazione a Venezia 68, riproponiamo il nostro speciale sulla miniserie di Todd Haynes con Kate Winslet.

Flussi seriali – Percorsi e influenze odierne e vintage delle serie americane a cura di Erminio Fischetti

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flussi-serialiDopo la versione noir-melò che portò alla mammina cara Joan Crawford l’Oscar nel 1946, la HBO adatta, dall’omonimo romanzo di James M. Cain, per mano di Todd Haynes e con la faccia di Kate Winslet, in una miniserie di cinque puntate, il complesso Mildred Pierce, ambientato negli anni della Grande Depressione. Divorziata con due figlie da mantenere, Mildred Pierce è una donna fra tante nell’America della Grande Depressione. Ingoiato l’orgoglio di casalinga piccolo borghese, va a fare la cameriera in una tavola calda. Da qui partirà la sua scalata al successo di ristoratrice e pasticcera che proseguirà con l’apertura di una catena di locali. Mildred però ha due debolezze: l’amore per la figlia più bella, viziata e ingrata Veda e per il donnaiolo Monty Beragon, un bellimbusto che ha perso le sue ricchezze ed ama farsi mantenere.

Dal punto di vista dei contenuti Mildred Pierce è un ottimo veicolo per ritrarre i temi dell’America di quegli anni: l’ambizione e il desiderio di ricchezza della classe media desiderosa di uscire dalla propria mediocrità, le velleità artistiche che non si riescono a raggiungere, l’arrivismo, la decadenza della ricca borghesia dalle grandi maison californiane, la scalata della working class. In questo, Mildred Pierce è un ritratto crudele, ambiguo e massificato di una Nazione che promette il sogno americano attraverso il denaro e poi proprio a causa di esso lo infrange; infatti, sebbene la protagonista riesca a ottenere tutto il successo economico che potesse desiderare viene depredata della sua dignità di donna nel compiere un lavoro considerato sudicio e unto come quello del campo della ristorazione in un mondo che propina l’ingresso nell’elite sociale solo attraverso mestieri “nobili” e artistici di cui Veda è vittima e carnefice. Un ritratto degli anni Trenta, che guarda di sottecchi anche Hollywood, il successo e la perfezione dell’apparenza, che la donna proietta nella narcisista e arrivista figlioletta Veda (mai ingratitudine della figliolanza fu descritta in maniera più cinica) con ambizioni di riscatto sociale attraverso il talento musicale, affossato dalla sua stessa mancanza. Ma come principale chiave di lettura restano, da un lato le proiezioni di riscatto e i sogni di una madre nei confronti della propria figlia e “l’imbarazzo” di quest’ultima nei confronti di una madre proletaria che richiamano i temi dei due adattamenti – il primo del 1925 per mano di Henry King e il secondo del 1937 per mano di King Vidor con protagonista una volgarizzata Barbara Stanwyck ed entrambi della United Artists – di Stella Dallas, tratto dal popolarissimo romanzo dell’epoca omonimo di Olive Higgins Prouty, mentre dall’altro l’incapacità di una figura genitoriale nell’accettare la malvagità della sua prole fa pensare ai meccanismi de Il giglio nero, dramma psicologico del 1956 con venature horror firmato da Mervyn LeRoy.

Nella miniserie l’aderenza specifica al melodramma anni Trenta e Quaranta, più in generale, è da ricercare però nei connotati delle produzioni della Warner Bros., dal cui studio fu prodotto il primo Mildred Pierce e nel quale il genere trovò il suo più ampio respiro negli aspetti tematici e psicologici – pensiamo anche ai lavori che in quella fucina realizzarono bravi artigiani come Vincent Sherman, Irving Rapper, Curtis Berhnardt attraverso i volti della Crawford e di Bette Davis (che rifiutò il ruolo di Mildred). Infatti se volessimo trovare una chiave di lettura delle interpretazioni delle due protagoniste potremmo ipotizzare che quella di Kate Winslet come Mildred Pierce è più da associare a quella psicologica di un melodramma in bianco e nero alla Warner dove nella prima metà si concentra sulla presentazione del personaggio attraverso uno sviluppo molto lento della trama, mentre quella di Evan Rachel Wood si avvicina meglio ai caratteri più torridi di un Femmina Folle, pellicola a colori di John M. Stahl, riproducendo anche il lavoro fisico di Gene Tierney (altresì poco accostabile a quello di Ann Blyth che fu la prima Veda Pierce), dove l’opera prosegue su un registro maggiormente stilizzato. La Winslet ha sempre la sua classe ma per quanto la sua interpretazione sia straordinaria fa pensare che è troppo borghese per il personaggio della casalinga imprenditrice anche se la connota di tutte le insicurezze, orgoglio, dignità e movenze del caso (mentre più adatti e meno belli i volti delle amiche “proletarie” Melissa Leo e Mare Winningham).

To be continued …

Regia: Todd Haynes
Cast: Kate Winslet, Guy Pearce, Evan Rachel Wood, Brian F. O’Byrne, Melissa Leo, James LeGros, Mare Winningham, Hope Davis
Produzione: USA 2011
Durata: 4 episodi da 60’, 1 da 80’
Distribuzione originale: HBO (27 marzo, 3/10 aprile 2011)