13 Assassini

16/06/11 - Alle prese con un remake, Takashi Miike supera il confine tra il professionismo del mestierante e la maestria d'autore in una storia di samurai.

A dispetto dell’assenza di riconoscimenti, non si può negare a Takashi Miike lo status di indiscusso mattatore della 67/a Mostra del Cinema di Venezia, che gli ha fornito l’occasione per dimostrare tutta la sua versatilità passando dall’esilarante cialtronaggine del supereroe Zebraman, protagonista di due titoli fuori concorso (Zebraman e Zebraman: Zebra City no gyakushu (Zebraman 2: Attack on Zebra City), all’eccelsa prova drammatica di quello in competizione: 13 Assassini, finalmente approdato nelle sale italiane. Ambientazione e trama sono quelli tipici del filone storico per questo remake dell’omonima pellicola di Eichi Kudo del 1963, che nel Giappone feudale vede contrapposto il potente e sanguinario Naritsugu, fratello dello shogun, all’onorevole Shinzaemon il quale, per riportare ordine, chiama a raccolta un esercito di 12 samurai più un giovane e agguerrito vagabondo: i 13 assassini del titolo.

Pur muovendo da una storia non particolarmente originale, il film si presenta come un mirabile esempio di Jidai-jeki (sorta di corrispettivo nipponico dell’occidentale “cappa e spada”), nel quale la classicità dell’impianto è illuminata da un inaspettato e sottile humor, contaminazioni western, e repentini passaggi di raccappricciante violenza – spesso ai limiti dello splatter – che irrompono nei canoni del genere come lampi in un cielo terso. Allo stesso modo, la vicenda si prende i suoi tempi, maturando lentamente grazie ad una narrazione solidissima entro un ritmo dilatato e assorto, diviso con rigore tra la prima parte, introduttiva e volta a definire scrupolosamente il contesto attraverso la presentazione dei vari personaggi, e la seconda in cui si entra nel pieno dell’azione in un crescendo di combattimenti, massacri e devastazioni, culminante in un atto finale di raro impatto visivo ed emozionale. Maestoso, epico, avvincente, condotto con solennità da un cast eccellente, nel quale spicca il memorabile villain della popstar Goro Inagaki, 13 Assassini rappresenta per il prolifico Miike il superamento del confine tra il professionismo del mestierante, con oltre ottanta lavori all’attivo – dalla commedia all’horror, passando per yakuza e musical – e la maestria di un autore che privilegia il pathos e la tensione drammatica alla frenesia adrenalinica, costruendo il dinamismo nella composizione dell’inquadratura piuttosto che attraverso i movimenti di macchina, in un virtuosismo funzionale e mai di maniera.

CATERINA GANGEMI

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